Gianfranceschi, ricordo di un intellettuale che non si rassegnò mai al conformismo

18 Feb 2021 9:41 - di Massimo Pedroni
Gianfranceschi

“L’effetto straordinario che mi ha fatto la lettura del suo saggio, fra l’altro chiarissimo e ordinatissimo e costruito con la massima logica, ha accresciuto il mio rimorso per essere stato scortese nel non leggerlo prima e nel non ringraziarla prima”. In questo modo, lo scrittore Dino Buzzati si rivolgeva in una lettera privata a Fausto Gianfranceschi estensore di un saggio su di lui e la sua opera. Il saggista era nato a Roma il 15 febbraio del 1928, da subito mostrò una personalità versatile e poliedrica.

Fu il primo, a dedicare un saggio all’autore di Belluno.  Riconosciuto come uno tra i suoi massimi conoscitori. Questa attenzione dell’intellettuale romano, nei confronti di Buzzati, era spronata da sicure affinità. Una parte delle quali, si ravvisano In un commento che Fausto Gianfranceschi fece del libro “I miracoli di Val Morel”.     Nei “Miracoli”, c’è tutta l’ansia di mistero di chi spera in qualcosa, che alla fine faccia quel che noi uomini da soli non possiamo”.  L’accettazione, della dimensione del mistero e dei miracoli li accomunava. L‘appassionato delle opere di   Buzzati certamente, era un valente saggista e scrittore.

Gianfranceschi e la sua “Terza pagina”

Giornalista di grande valore, fu per anni responsabile della pagina culturale del quotidiano di Roma Il Tempo. Pagina, che con la sapiente maestria di un direttore d’orchestra, animava dando spazio e voce, a idee e visioni della vita, alternative ai conformismi di stagione. Grandi solisti, primi violini esponenti del pensiero non allineato, trovarono su quello spazio ospitalità con il dovuto risalto. Ne citiamo ovviamente solo alcuni: Giuseppe Prezzolini, Giuseppe Berto, Mario Praz, Augusto Del Noce, Cristina Campo.  Questo, nominando   solamente personalità italiane. Volgendo lo sguardo anche verso l’estero, risulterebbe ancora più incisivo e significativo il lavoro svolto.  La “terza pagina” del quotidiano romano, era riconosciuta come autorevole fonte ove potersi abbeverare, a limpidezze di pensiero, da tesaurizzare con il dovuto riguardo.

Non si rassegnò mai al conformismo

Il lavoro promosso da Gianfranceschi in quel contesto giornalistico, fu assolutamente prezioso. La “terza pagina”, dei giornali nacque nel 1901 sul Giornale d’Italia grazie all’ intuizione di Alberto Bergamini direttore dell’epoca. Contenitore che usciva dagli schemi naturali della quotidianità, per prestare attenzione a interventi di Artisti e, donne e uomini di Cultura, che fornivano alle testate contributi di più ampio respiro.  Gianfranceschi, operò a favore della promozione del pensiero non conforme. Era quasi lo svolgimento di un compito che si era assegnato. Una missione, che dava soddisfazione alla fame e all’arsura intellettuale, dei molti che non si rassegnavano a cibarsi del      “minestrone materialista”.

La militanza nel Msi

Il respiro della sua esistenza, era      contraddistinto da diverse fasi. La prima di esse, segnata da un forte impegno politico. Militanza, iniziata nei primi anni del dopoguerra nei FAR fasci di Azione Rivoluzionari. Dopo aver assunto posizioni così marcate, come imponevano le contingenze, aderì al nuovo soggetto politico nato all’insegna del motto “non rinnegare non restaurare”. Il Movimento Sociale Italiano di Giorgio Almirante. In esso ricoprì degli incarichi, tanto che nel1950 entrò nella giunta esecutiva del Raggruppamento giovanile studenti   lavoratori. Diventandone   presidente dell’organizzazione giovanile del Partito “la Giovane Italia”. Scelte giovanili, confermate senza ritrosie in libri, scritti partecipazione a convegni.

Posizioni tutte e sempre confermata senza cedimenti. La netta scelta di campo fatta, specialmente per un’intellettuale, che operava nel settore della Cultura, comporterà ostracismi di tutti i tipi. Indifferenza e, silenzi provocatori da parte dei componenti di quella gelatina sudaticcia, che suppongono essere i depositari delle verità.

L’emarginazione

A causa di ciò la sua pregevole produzione letteraria che va da Diario di un conformista, a Belcastro, testo con la pregevole   presentazione di Mario Praz, passando per Il Reazionario, e molti altri titoli ancora, come un riflesso pavloviano la faziosa non curanza del sistema perseverava nell’emarginare le sue opere. A fronte di queste vicissitudini chiosava mirabilmente: “La sconfitta è elegante, la sconfitta è riposante. Mai però farsi sconfiggere dentro”.

Un maestro di vita

Con grande amarezza, nonostante dolori personali di portata incalcolabile che hanno, straziato la sua esistenza non si è mai dato per vinto. Ribadendo il suo pensiero “Forse la vita non è altro che un rituale per tenere a bada la paura”. Il carattere dell’uomo era segnato da entusiasmo, disponibilità e generosità.  Ideatore e promotore di iniziative che hanno lasciato il segno della Destra Italiana. E questa è una medaglia che non gli potrà togliere nessuno.

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