Guido Morselli e Luigi Tenco: due drammi e due spari frutto di incomprensioni e sofferenze

8 Feb 2021 9:33 - di Massimo Pedroni
Guido Morselli

Vedrai, vedrai, vedrai che cambierà/ Forse non sarà domani/ Ma un bel giorno cambierà/vedrai, vedrai/ non son finito sai/non so dirti come e quando/ ma vedrai che cambierà. È un brano di una notevole canzone del 1967  del cantautore Luigi Tenco. Canzone per molti rimasta indimenticabile. Musica e testo, che chissà in quante occasioni, si è affacciata nell’animo dello scrittore Guido Morselli, dando respiro   alle sue melanconiche fantasie in cerca di riscatto. Morselli, nato a Bologna il 15 agosto 1912, era venuto al mondo, per così dire, sotto un profilo astrale quantomeno controverso. Nasce in una famiglia significativamente agiata. Il padre Giovanni, è un dirigente d’impresa nel settore farmaceutico di grande spessore. La madre Olga Vincenzi, porta un cognome estremamente significativo.

Guido Morselli e il dramma della madre

Il padre infatti è l’Avvocato di maggior vaglia in città. Questi presupposti positivi, non saranno sufficienti a mettere al riparo da sciagure irreparabili il giovane Guido. Fino all’età di dieci anni, condusse un’infanzia serena, ma come drammaticamente poteva accadere in quel periodo, siamo nel 1922, la madre fu colpita dalla Spagnola. Alla donna, furono offerte   le cure migliori. Fu ricoverata in una struttura ritenuta idonea. Due anni dopo, il suo fisico provato dalla malattia si arrese. I contraccolpi, emotivi, esistenziali e comportamentali furono per il dodicenne devastanti. Le continue assenze del padre per motivi di lavoro, determinarono un solco ancora più profondo d’incomprensioni e sordi rancori tra padre e figlio.  Tra le più palpabili conseguenze, comportarono profili di risultati scolastici di Guido modesti.

Le ripercussioni a scuola

Basti considerare il fatto, che Guido Morselli riuscì a ottenere la maturità da privatista, dopo aver avuto una sonora bocciatura l’anno precedente. Il carattere sempre più ombroso faceva da cornice a una pronta e vivace intelligenza. Il combinato disposto di queste sue caratteristiche contribuivano a nutrire una vita solitaria. Un’altra tegola dagli effetti dirompenti fu quando nel 1938 venne a mancare l’amata sorella Luisa. Turbinii emotivi, che lo portavano di fatto ad essere un apolide dalle progettualità esistenziali ordinarie. Tanto che negli anni a seguire, anche la fidanzata di sempre, lo abbandonò per un altro. A fronte dello sgomento provato per la morte della figlia Luisa, tentando di garantire nelle sue ambizioni letterarie, Guido, considerato più o meno come un disadattato.

Quella rendita e la scrittura

Il padre Giovanni si determinò   a elargirgli  una rendita vitalizia grazie alla quale potersi dedicare, serenamente alla scrittura. Almeno sotto un profilo economico. Mossa paterna, senza ombra di dubbio più che generosa. Ma se da un canto quell’apporto economico costituiva una sicurezza, dall’altro era sicuramente una responsabilità. Non solo nei confronti degli altri, ma principalmente di sé stessi. Durante la sua vita, tranne un saggio su Marcel Proust e un testo pubblicato a sue spese, a Morselli non pubblicarono niente di niente. Dinieghi, corroborati da alcune delle firme maggiormente autorevoli del mondo editoriale. Come per chiunque, in analoghe circostanze, l’autostima e l’amor proprio, non senza ragione, può cominciare a vacillare.

La dialettica dell’Illuminismo

Il baratro del   fallimento era dato per certo oramai. Più che di fallimento, parleremo di sua inesistenza. Erano gli anni, quelli di Tenco e dello scrittore, nei quali nel saggio “Dialettica dell’Illuminismo” del 1948, ad opera di Max Horkheimer e Teodor Adorno coniarono il termine ignifugo di “industria culturale”. “Film, radio e settimanali costituiscono un sistema. Ogni sistema è armonizzato in sé e tutti fra loro. (…) Film e radio non hanno più bisogno di spacciarsi per Arte. La verità è che non sono altro che affari”. Questa facilmente verificabile verità, non doveva essere per i gusti dei due artisti, e di qualsiasi vero artista. Costoro, al netto di tutte le differenze, sono spinti nel loro agire creativo da idealità “pure”. O quantomeno non così fortemente zavorrate da appetiti commerciali o ideologici.

La ragazza dall’occhio nero

Lo scrittore da tempo deteneva una Browning militare, che lui chiamava confidenzialmente “ragazza dall’occhio nero”. Arma, reiteratamente citata, con quel vezzeggiativo nei suoi romanzi all’epoca tutti inediti. Tra i censori di rilievo troviamo quello di Italo Calvino per il testo “Il comunista”. “Né le parole, né gli atteggiamenti, né le posizioni psicologiche sono vere. Ed è un mondo che troppa gente conosce per poterlo inventare”. Non fu certo quella di Calvino l’unica bocciatura. Molti lo ignorarono. In un caso furono raggiunte vette di umiliazione per uno scrittore, veramente ragguardevoli. Luciano Foà, addirittura smarrì per i meandri dell’Einaudi il manoscritto che gli aveva inviato. All’insaputa di tutti, anche Tenco, da tempo corteggiava la sua “ragazza dall’occhio nero”.

Tenco, il suicidio e Guido Morselli

“L’abbraccio” con essa avvenne durante il Festival di San Remo del 1967. La scelta estrema del cantante fu determinata dall’esclusione dalle fasi ulteriori dl Festival della sua canzone Ciao amore, ciao cantata in coppia con Dalida. Vinsero Claudio Villa e Iva Zanicchi con Non pensare a me. Quasi riecheggiasse la celebre battuta dei Sei personaggi in cerca d’autore di Luigi Pirandello “Ma quale finzione signori. Realtà, realtà signori”. Il dramma, riporta per un istante tutti con i piedi per terra. In quella drammatica occasione, per un istante, le vetrate di un modello di “industria culturale”, erano andato in frantumi. Guido Morselli, con la scrivania ormai colma di corrispondenze sfavorevoli ai propri lavori. O di dinieghi superficialmente argomentati.

Lo sparo del 31 luglio 1973

Il 31 Luglio 1973, nella sua dimora di  Varese, saturo d’amarezza, delusione e rabbia, si fa prendere per mano dalla “ragazza dall’ occhio nero”. Quello sparo ancora rimbalza tra le pagine dei suoi libri, Morselli vivo, restarono tutti inediti. Ricordiamo qualche titolo: Un dramma borghese, Il comunista, Roma senza Papa, Dissipatio H. G. Il suo era il periodo del realismo, di una letteratura autoreferenziale. Lo scrittore modenese era uno che si muoveva su corde visionarie, surreali. Ben distanti da quelli maggiormente in voga.

Guido Morselli e…  Dissipatio

Basti dire che Dissipatio fu considerato un libro al limite della fantascienza. Il protagonista in cerca di un luogo ove potersi suicidare (tema ricorrente per lo scrittore), si rende conto in quel breve lasso di tempo, che il mondo è rimasto deserto. La “industria culturale”, è quasi superfluo dirlo, dopo la messa in atto del gesto estremo di Morselli, gli pubblicò tutto. Pensiamo, che in nessun  caso, ci si debba far incastrare dalle seduzioni “della ragazza dall’occhio nero”. Ma, queste sono opinioni dette a freddo. Mondo dei buoni propositi, che come dolorosamente sappiamo non sempre si riescono a realizzare. Una voce  che ci sussurri sempre, soprattutto nei momenti più temibili “Forse non sarà domani/ma vedrai che cambierà”. Esortazione, che drammaticamente, “quel giorno” i due artisti non ce la fecero più a seguire.

 

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