Pugno duro del Vaticano contro i no-vax: i dipendenti che non si vaccinano saranno licenziati
Linea dura del Vaticano nei confronti dei dipendenti no-vax che rifiutano il vaccino. Anche se la vaccinazione è su base volontaria, un decreto del presidente della Pontificia Commissione della Città del Vaticano, cardinale Giuseppe Bertello, prevede una serie di misure che vanno dal demansionamento sino al licenziamento.
Per i dipendenti che non fanno il vaccino è previsto fino al demansionamento per chi non può farlo per ragioni di salute, con il mantenimento dello stipendio. Per chi invece si rifiuta “senza comprovate ragioni di salute ci sono conseguenze di diverso grado che possono giungere fino alla interruzione del rapporto di lavoro”.
Chi non si vaccina può essere demansionato o licenziato
Il decreto di Bertello, pubblicato su Vaticanstate, mette nero su bianco la disposizione. “Si ritiene il sottoporsi alla vaccinazione la presa di una decisione responsabile atteso che il rifiuto del vaccino può costituire anche un rischio per gli altri. E che tale rifiuto potrebbe aumentare seriamente i rischi per la salute pubblica”. Le sanzioni previste all’articolo 6 rinviano alla legge vaticana del 2011 che già prevedeva per i dipendenti vaticani che non si sottopongono “agli accertamenti sanitari d’ufficio responsabilità e conseguenze fino alla interruzione del rapporto di lavoro”.
Nelle norme si ricorda “il divieto di assembramenti. Inoltre, la necessità del distanziamento fisico. Come pure l’adozione di dispositivi di protezione personale. Quindi le norme igieniche, i protocolli terapeutici e i protocolli di vaccinazione”. Previste poi multe, che vanno dai 25 euro se non si indossa la mascherina. Fino a 1.500 euro invece in caso di violazione della quarantena.
La precisazione del cardinale Bertello
Il Governatorato della Città del Vaticano, in una nota, ha precisato che la misura adottata non vuole essere una “forma repressiva nei confronti del lavoratore”. Né tantomeno una disposizione “punitiva”. Intende invece rispondere alla primaria esigenza di salute collettiva.
“Il presupposto – spiega il cardinale Bertello – è quello della tutela individuale del lavoratore. Nonché quella collettiva dell’ambiente lavorativo in caso di un evento che possa configurarsi come emergenza sanitaria pubblica. In particolare, la disposizione riguarda tutte le misure idonee dirette a prevenire, controllare e contrastare situazioni eccezionali di emergenza sanitaria pubblica. E vengono diffusamente indicati tutti gli strumenti per una adeguata e proporzionale risposta al rischio sanitario”.
Vaticano contro i no-vax
Tra queste misure, “su indicazione dell’Autorità sanitaria dello Stato, – spiega il Governatorato – può essere ritenuto necessario il ricorso alla vaccinazione per determinati contesti. In attività lavorative inerenti il pubblico servizio. Nei rapporti con terzi o rischiose per la sicurezza della comunità di lavoro. L’adesione volontaria ad un programma di vaccinazione deve, quindi, tener conto del rischio che un eventuale rifiuto dell’interessato possa costituire un rischio per sé, per gli altri e per l’ambiente lavorativo. Per tale motivo la salvaguardia della comunità può prevedere, per colui che rifiuti la vaccinazione in assenza di motivi sanitari, l’adozione di una serie di misure. Da una parte intendono minimizzare il pericolo in questione. Dall’altra consentono di trovare comunque soluzioni alternative per lo svolgimento del lavoro da parte dell’interessato”.