Le donne del Pd “processano” Zingaretti: «Ma quale strapuntino, non siamo subalterne»
Le donne del Pd in rivolta contro Zingaretti. La loro totale assenza dalla compagine di governo è rimasta proprio indigesta e il mal di pancia si fa sentire ogni ora che passa, sempre di più. Acutizzandosi, in particolar modo, in queste ore che preludono all’indicazione dei posti da sottosegretario. Rispetto ai quali, la promessa dei vertici di partito di tener fede allo schema delle quota rosa, non placa malcontento e disillusione.
Le donne del Pd contro Zingaretti: non basterà un contentino…
Escluse dai tre ministeri che Draghi ha assegnato ai democratici, le donne dem sollevano gli scudi contro Zingaretti. Non è più solo una questione di quote rosa o di promesse disattese. No: per molte di loro, al primo posto del cahiers de doleances svetta un problema di leadership. E ora la rappresentanza femminile di Largo del Nazareno chiede a gran voce che il tema si affronti seriamente. Da venerdì sera, molte parlamentari ed esponenti Pd hanno posto alla direzione la questione della disparità di ruoli. Ma anche di influenza politica nel partito stesso. Un nodo da sciogliere che, come evidente, diventa una grana sempre più insidiosa per Zingaretti, che prova a correre ai ripari con il contentino di qualche incarico. Magari come sottosegretarie. Una soluzione che, nel caso, accontenterebbe, semmai, giusto chi è già in odore di nomina…
Più che una questione di quota rosa, un «problema di leadership»
E così, dalle colonne del Corriere della sera, parte la rivolta delle signore della politica dem, riunite al grido di slogan contro la “subalternità” e un “correntismo” portato alle estreme conseguenze, complici (o al servizio?) di una leadership sempre più messa in discussione. L’inquisizione dem punta l’indice contro Zingaretti-Torquemada. E dal coro di proteste e dissenso, si alza la voce di una ex ministra: Marianna Madia. La quale, senza se e senza ma, va dritta al punto e tuona: «Nel partito esiste un problema di leadership. Non di riconoscimento di ruoli, incarichi o di competenze specifiche non valorizzate. Lettura, questa, che sconta un principio di subalternità». «Il problema del partito è un correntismo esasperato che condiziona le scelte e riduce ogni passaggio alla ricerca di un equilibrio burocratico», le fa eco la collega Lia Quartapelle. Che arringa la folla rosa del Pd, dichiarando: «Ha ragione, il problema che emerge è la leadership. E anche la politica, aggiungo».
Il vulnus di una cultura di genere nel partito
Argomento sul quale concorda realisticamente anche Lucia Bongarzone, responsabile Pari opportunità del Pd: «Le aspettative stavolta erano alte, per questo il tonfo è ancora più pesante. La domanda è una: nel partito c’è una cultura di genere o no? Perché altrimenti le belle proposte restano carta straccia». Un interrogativo inquietante a cui, per il momento, ha risposto solo Matteo Orfini via social. Il deputato dem, su Facebook, ha infatti fatto il punto sulla situazione, commentando: «Il rispetto della parità di genere è un valore fondativo del Pd, non a caso scritto a chiare lettere nel suo statuto. Che venga negato in modo così brutale non è un problema delle donne del Pd. È un problema del Pd. E anche piuttosto grande»… Il punto ora, ed è sempre più evidente, non è più solo un nodo da sciogliere, come rileva Cecilia D’Elia, coordinatrice nazionale Donne democratiche, «con un risarcimento per la scelta di aver nominato ministri uomini. Ma è a monte: bisogna chiedersi perché le figure apicali del Partito democratico sono tutte maschili».
«Tra noi donne del Pd c’è poca capacità di promuovere una leadership femminile»
E rilancia: «Se Andrea Orlando lascerà la vicesegreteria, spero possa esserci una donna al suo posto». Una nota dolente rispetto alla quale, intonando una voce a margine del coro di proteste e rivendicazioni, la senatrice Francesca Puglisi sottolinea nel suo contrappunto: «Tra noi donne del Pd c’è poca capacità di promuovere una leadership femminile e molta timidezza a mettersi in gioco per cariche di primo piano, anche perché è difficile raccogliere il sostegno delle altre intorno ad una candidatura». Ma anche se, come riferisce il Corriere a riguardo: «Per lei, che nel Conte 2 era sottosegretario al Lavoro – ministero dove adesso è approdato Orlando, esaurendo la quota dem – sarebbe pronta la nomina a sottosegretario con delega allo Sport», il problema non si esaurisce alla fonte. E lo riassume, indignata, Simona Bonafè, eurodeputata e segretaria regionale Pd Toscana: «La scelta del gruppo dirigente del Pd di indicare solo figure maschili è una ferita aperta, uno sfregio alla storia della sinistra».
L’inverno del malcontento delle donne dem: il post di Laura Boldrini
Così, in questo inverno gelato da Burian, ma surriscaldato dal fuoco della protesta rosa dem, venti di contestazione travolgono il Nazareno. Con molte delle esponenti del Pd in subbuglio. Tra loro, anche la vicepresidente dem Debora Serracchiani che al Messaggero rilancia: «Siamo di fronte alla prima volta in cui nella delegazione di governo del Pd non c’è una rappresentanza femminile. Non è ammissibile». Mentre Beatrice Lorenzin, intervistata da Open, rimarca: «Abbiamo tante figure femminili all’altezza che non hanno alcun potere nel partito». Ciliegina sulla torta, nel dibattito acceso interviene anche l’ex presidente della Camera Laura Bordini che, dal pulpito di Facebook, attacca: «Non aver garantito nella composizione del Governo una pari rappresentanza tra uomini e donne è un fatto grave. Ancor più grave perché determinato dalle scelte del Partito Democratico». Intanto, dalle retrovie maschili del Pd tutto tace. Si attende che qualcuno batta un colpo...