Lockdown assurdi: scuole chiuse ma cinema aperti? Draghi sembra già la fotocopia di Conte
A singhiozzo. A macchia di leopardo. Proprio come il governo Conte. Sulle misure anti-covid la navigazione dell’esecutivo guidato da Draghi non è cambiata.
Chiusure, passa la linea del rigore. Il Parlamento fuori dalle decisioni
La bozza del nuovo Dpcm inviata nottetempo alle regione parla chiaro. A prevalere è la linea del rigore, con ristoranti e bar ancora chiusi la sera. E con il coprifuoco dalle 22 alle 5. Solo dopo Pasqua verrà considerata l’ipotesi di aperture serali. La scuola è a rischio chiusura totale nelle zone rosse. Unica novità l’aperture di cinema e teatri nelle zone gialle. E l’entrata in vigore delle nuove prescrizioni il lunedì e non il sabato. Restano chiuse piscine e palestre.
Anche Draghi sceglie il Dpcm. Italia divisa a colori
Di fronte all’escalation dei contagi e all’allarme delle varianti l’Italia, continua a essere divisa in zone cromatiche. In uno zigzagare di regole comportamentali, divieti, eccezioni grandi e piccole. Identico anche il metodo. L’ex numero uno della Bce non ha scelto la strada invocata dal centrodestra del decreto da discutere in Parlamento. Ma l’abusato strumento del decreto del presidente del Consiglio. Proprio come Conte.
Speranza: basta con lo stillicidio settimanale
Tra i primi governatori a fare ‘le pulci’ al governo c’è Attilio Speranza. Che chiede una programmazione di più lungo respiro. “Da lunedì prossimo, 1 marzo, la Lombardia sarà in fascia arancione. Prendiamo atto della decisione. Ma è arrivato il momento che i tecnici e gli scienziati studino. Poi ci dicano in modo chiaro e definito come superare questo stillicidio settimanale. Attraverso regole stabili e sicure”. Il governatore lombardo insiste. “Il nuovo governo può dare un importante segnale di discontinuità su questo tema. E avrà al suo fianco le Regioni”.
Le città d’arte al limite della sopravvivenza
Anche Draghi promette ristori immediati, ma alcuni settori (ristorazione e turismo) sono a limite-sopravvivenza. Il divieto di spostamento tra regioni fino al 27 marzo con proroga fino al 6 aprile (Pasqua compresa) è il colpo di grazia per le città d’arte. Le imprese ricettive di Venezia sono di fatto ferme da un anno. E in crisi dal 12 novembre 2019.
“La settimana di Pasqua rappresenta l’ultima speranza di sopravvivenza per molti hotel e strutture ricettive della città”, sottolinea l’Associazione Albergatori di Venezia. “Per le città d’arte la chiusura di Pasqua è un dramma E in particolare per Venezia. In cui la crisi non è nata con il coronavirus. Ma con l’acqua alta di settembre 2019, quasi un anno e mezzo fa.”. Dopo aver sperperato soldi a pioggia con Conte 1 e 2, il governo ha dei seri problemi. “Difficilmente – dice il presidente dell’associazione – sarà possibile attendersi contributi a fondo perduto. Chiediamo pertanto un sostegno sotto un’altra forma. Come per esempio mutui ventennali a tassi agevolati”.