M5S, Di Maio cerca un posto al sole nel direttivo. A rovinargli i piani è proprio Conte, lo vuole Grillo
Le espulsioni, le prossime nomine di governo, l’elezione del comitato direttivo. All’indomani del terremoto provocato dalla fiducia a Mario Draghi, nel M5S la situazione resta più precaria che mai, con una serie di appuntamenti a stretto giro che rischiano di essere molto più di scosse di assestamento. Su tutto incombe il cambio al vertice. Una partita, quella del direttivo, considerata cruciale per tentare un rilancio del M5S, ma sulla quale incidono pesantemente tutti gli altri fronti aperti. Tanto che, se da una parte c’è chi spinge per fare il prima possibile, dall’altra c’è chi invece ritiene che servirebbe tempo per far andare prima a posto le altre caselle.
L’appello della Taverna a non cacciare i ribelli
Nel M5S non c’è accordo su nulla. Una litigiosità che non riguarda solo dissidenti e governisti, ma anche questi ultimi al proprio interno. Un esempio su tutti: Paola Taverna che chiede clemenza verso coloro che hanno votato no a Draghi, perché «sono parte fondamentale del Movimento, oltre che amici fraterni e compagni di tante battaglie. Serve unità adesso, perché proprio in questo momento comincia la nostra più grande partita». Taverna assomma su di sé una serie di questione aperte, per questo il caso delle sue aperture ai “traditori” della linea del vertice è particolarmente significativo.
I tanti interrogativi sul direttivo M5S
La senatrice, infatti, è data in pole per la candidatura al direttivo. Epperò, è anche data come non candidabile per l’antica questione delle indennità. Primo nodo da sciogliere intorno al direttivo: chi si può candidare e chi no? I morosi o quelli incappati in qualche incidente, tipo la Taverna o Dino Giarrusso, anche lui fra i possibili nomi, ma inciampato nei finanziamenti della campagna elettorale, possono? Gli espulsi ricorrenti e i sottoposti a provvedimento, sui quali lo Statuto è incerto, possono? I non iscritti come Giuseppe Conte, per il quale si vocifera di un intervento diretto di Beppe Grillo e di una eventuale modifica statutaria, possono?
Repulisti generale o clemenza?
Gli interrogativi per ora non hanno trovato risposta, ma restano sul tavolo. E ingombrano. Il M5S, infatti, non se la può cavare semplicemente con un repulisti generale, che lo riporti a un punto zero dopo le espulsioni. Perdere quella consistente pattuglia parlamentare, infatti, significa un duro colpo anche per l’ala governista, che si ritroverebbe in Parlamento con numeri fortemente ridimensionati e, quindi, con un peso decisamente minore nella maggioranza di governo. D’altra parte, riaccoglierli a braccia aperte per il vertice significherebbe rischiare di perdere il controllo della situazione, tanto più che i ribelli potrebbero tentare la scalata con un nome che, bontà loro, nella base a sua volta ancora incontra grandi favori: Danilo Toninelli.
Di Maio in pole (di nuovo) per la guida del M5S
In questa cornice, dunque, va inserito quell’appello a recuperare il recuperabile lanciato dalla Taverna, che magari così conta di potersi accreditare come colei che ha rimesso insieme i cocci e salvato il Movimento. E che vuoi che sia, a quel punto, qualche indennità percepita di troppo. Ma agli altri nomi in campo converrebbe questo scenario? In pole per la candidatura al direttivo M5S ci sono anche Luigi Di Maio e Lucia Azzolina, anche lei – vai a capire – amatissima dalla base. Rappresentano l’ala più governista e, nonostante la sofferenza manifestata di fronte agli strappi, non è detto che vedano di buon occhio il rientro della fronda.
La carta Giuseppe Conte
E mentre Vito Crimi è alle prese con la difficile partita dei sottosegretari, con le rivendicazioni che arrivano da destra e manca, a partire dagli esponenti meridionali, che denunciano una sotto rappresentazione a Palazzo Chigi, dietro le quinte ci sarebbero manovre in atto per recuperare Giuseppe Conte. Grillo, dicono i rumors, starebbe vedendo come fare per metterlo alla guida del Movimento. La mossa, almeno sulla carta, risolverebbe diversi problemini: dalle lotte interne per la leadership alla lettura drammatica dei sondaggi sulle intenzioni di voto, nei quali il M5S si salva dal definitivo tracollo solo nello scenario in cui l’ex premier ne sia a capo.
Tutto per il potere
La partita non è facile, perché per fare spazio a Conte bisognerebbe modificare lo statuto con una doppia votazione su Rousseau. Ma, in fin dei conti, la carta fondativa è già stata modificata altre volte, con rapidi colpi di mano, per assecondare le esigenze del momento. Dunque, non è escluso che il M5S, le sue contraddizioni, i suoi turbamenti, la sua ansia di mantenere il poteri portino alla politica italiana, e con essa al Paese, l’ennesimo regalo sgradito: il ritorno in campo di Conte.