Morte Willy, l’accusa per i 4 del branco s’aggrava in omicidio volontario: hanno colpito per uccidere
Quello del giovane Willy Monteiro Duarte, è stato un omicidio efferato. Di una «violenza sproporzionata», recita la nuova ordinanza. E l’accusa ai fratelli Bianchi s’aggrava in omicidio volontario. «I due hanno colpito per uccidere». Dunque, cambia l’accusa contestata dalla procura di Velletri per la morte di Willy, il ragazzo di 21 anni ucciso in seguito a un pestaggio a calci e pugni a Colleferro lo scorso settembre. Non più omicidio preterintenzionale. Ma omicidio volontario. Per il delitto, lo ricordiamo, sono indagati Marco e Gabriele Bianchi. Mario Pincarelli e Francesco Belleggia.
Morte Willy: l’accusa si aggrava in omicidio volontario
Si aggrava la posizione dei fratelli Marco e Gabriele Bianchi accusati del pestaggio di Willy Monteiro Duarte. Un massacro avvenuto a Colleferro nel settembre scorso, fuori ad un locale. In base a quanto apprende l’Adnkronos, la Procura di Velletri contesta ai due il reato di omicidio volontario. E non più quello di omicidio preterintenzionale. La stessa accusa riguarda le altre due persone coinvolte nella vicenda: Mario Pincarelli e Francesco Belleggia. L’ultima formula accusatoria è contestata in una nuova ordinanza di custodia cautelare notificata oggi ai quattro indagati dai Carabinieri del Nucleo Operativo e Radiomobile della Compagnia di Colleferro. E arriva al termine di ulteriori attività di indagine. Il nuovo provvedimento integra e modifica la misura cautelare emessa nel settembre scorso. E, spiega l’Adnkronos, la nuova ordinanza scaturisce dall’attività compiuta dai carabinieri attraverso intercettazioni telefoniche ed ambientali. Sommarie informazioni testimoniali e accertamenti vari, che hanno permesso di raccogliere nei confronti degli indagati gravi indizi di colpevolezza.
Colpi violenti e mirati: escludono l’omicidio preterintenzionale
Così, su richiesta della procura, l’imputazione passa da omicidio preterintenzionale a volontario. «Tutti gli elementi confortano senza possibilità di dubbio la qualificazione del fatto in quanto, per la modalità dell’azione, realizzata da più persone coordinate. Per la localizzazione e violenza dei colpi, inferti in più parti vitali – si legge nell’ordinanza –. Come per le condizioni in cui versava la vittima, colpita alla sprovvista nella prima fase e poi addirittura quando si trovava inerme in terra nella seconda. E per l’esperienza nelle tecniche di combattimento dei fratelli Bianchi e del Belleggia, va senza dubbio esclusa la condizione minima per contestare l’omicidio preterintenzionale. Ovvero, la divergenza assoluta tra il risultato voluto e quello effettivamente realizzato».
Il gip: il branco animato dalla «volontà di dimostrare la forza del proprio gruppo»
Non solo. Ad avvalorare l’accusa più grave dell’omicidio volontario, per il gip, contano anche le dichiarazioni dei testimoni. «Gli informatori sentiti nel corso delle indagini confermavano che il branco aggrediva Willy nonostante fosse del tutto estraneo alla discussione in corso tra Belleggia e gli amici di Zurma. Sicché i quattro indagati, nel colpirlo e infierendo con crudeltà su un ragazzo inerme, erano animati semplicemente – sottolinea il gip – dalla volontà di dimostrare la forza del proprio gruppo». e il quadro che torna a delinearsi è quello di un orrore senza fine. Di una violenza cruda mirata a uccidere.
Quel dialogo in carcere intercettato dagli investigatori…
Ad aggravare l’accusa, infine, c’è anche un dialogo in carcere intercettato dagli investigatori. «Di particolare rilievo sono le intercettazioni del 22 settembre 2020 registrate durante un colloquio in carcere tra l’arrestato Mario Pincarelli e il padre», si legge allora nell’ordinanza. «Nella circostanza, infatti, Pincarelli ammette. O meglio, confessa, di aver colpito il giovane Willy quando questi era già in terra – scrive il gip –. Esplicitamente dicendo «ci s’ho tirato». E poco dopo aggiungendo, in maniera ancora più esplicita: «Gli s’ho tirato quando steva da per terra a chillo». Dichiarazioni subito bloccate da suo padre che, rendendosi conto di quanto quelle affermazioni potessero compromettere la posizione processuale del figlio, alzando la voce lo invita a tacere. «Zitto. N’antra vota»...