Non solo Covid e vaccini, Draghi si deve “smazzare” tutti i flop di Conte. Ecco i dossier più spinosi
Non solo lotta alla pandemia, vaccini e tenuta sociale, con lo snodo critico della fine del blocco dei licenziamenti, come indicato dal Presidente della Repubblica. Mario Draghi, qualora dovesse formare un suo governo, si troverebbe sul tavolo anche altri e complessi dossier. Si tratta di una lunga lista di questioni cruciali lasciati irrisolte dal governo Conte, tra lotte interne e incapacità: dalla Rete unica, all’Ilva, da Alitalia, ad Autostrade, fino al tasto delicatissimo delle nomine.
Tutti i dossier sul tavolo di Draghi
Anche su questo terreno si dovrà misurare, eventualmente, il presidente incaricato, che per ovvie ragioni nel suo breve discorso dopo l’incontro con Mattarella si è limitato a riepilogare gli obiettivi immediati elencati dal capo dello Stato, aggiungendo di suo solo il riferimento a Recovery Plan, con il richiamo “al futuro delle giovani generazioni e al rafforzamento della coesione sociale“. Questioni che, però, si giocano non solo sulle “risorse straordinarie dell’Ue”, ma anche sui nostri asset strategici interni.
Alitalia e il nodo Bruxelles
Fra i dossier più spinosi c’è certamente Alitalia, che continua a subire perdite esorbitanti, al punto che anche gli stipendi sono a rischio. Il nuovo piano industriale di Ita è all’esame delle Commissioni competenti di Camera e Senato, che sono chiamate a esprimere il loro parere motivato anche se non vincolante. Ma a preoccupare è soprattutto Bruxelles, che invece ha parere vincolante e chiede una netta discontinuità con la compagnia precedente.
L’intricata Rete Unica
C’è poi il tema della Rete Unica, che incrocia quello del Recovery plan. Dovrebbe arrivare a compimento quest’anno, ma si tratta di una complicatissima vicenda di incroci industriali e volontà politiche, che finora ha risentito di diktat e veti di Pd e M5S. Bisognerà vedere se il governo che verrà riuscirà a districarcisi.
Super Mario alle prese con l’acciaio: il caso Ilva
Nodo ex Ilva. L’accordo di coinvestimento tra Invitalia e A.Mittal, che ha avuto anche il benestare dell’Antitrust europeo, dovrebbe aver reso meno complicata la situazione delle acciaierie, che finalmente è approdata a un piano industriale. Peccato che Invitalia, il cui Ad è il super commissario Domenico Arcuri, a quanto risulta non abbia ancora sbloccato i 400 milioni con cui dovrebbe acquisire il 50% del capitale di Am. Invest.co, così resta ancora sospesa l’integrazione salariale alla Cig di 1.600 lavoratori e langue l’accordo con i sindacati sul piano industriale. Dopo un primo incontro tra Mittal e Fim Fiom Uilm Usb e Ugl infatti, non ha fatto seguito nulla, così come più nulla è arrivato dal governo e dal Mise.
La partita delle nomine
Infine, Draghi dovrà misurarsi il dossier nomine. Secondo i calcoli del centro studi Comar, da qui a primavera inoltrata, nelle società pubbliche si libereranno più di 550 poltrone, tra nomine già scadute o che termineranno con l’approvazione dei bilanci 2020. I posti sono così ripartiti: più di 360 incarichi nelle più importanti controllate dirette del ministero dell’Economia, tra Cda e collegi sindacali; 190 posti nei Cda che saranno vacanti in primavera, archiviata l’approvazione del bilancio 2020. In prima fila ci sono Cassa Depositi e Prestiti, Fs Spa, Saipem, l’immobiliare pubblica Invimit, la società informatica Sogei e il Gse (Gestore servizi energetici). Poi, ci sono le controllate di Enel, Eni, Poste e Leonardo, Invitalia e Sport e Salute. Insomma, una partita che promettere di essere forse più spinosa delle altre.