Pensioni e Tfr, brutte sorprese dietro l’angolo: ecco cosa sta per accadere
Brutte sorprese dietro l’angolo per chi lavora e per chi il lavoro vorrebbe lasciarlo secondo la normativa vigente. Ancora un anno e “Quota 100” andrà in pensione. Su un altro fronte il Tfr, ossia il trattamento di fine rapporto, potrebbe essere “irraggiungibile” per i lavoratori che richiedono un anticipo. Andiamo per ordine. Per tutto il 2021 la legge in vigore dal 29 gennaio 2019 (legge n.26/2019) consentirà di smettere di lavorare a 62 anni di età con un minimo di 38 anni di contributi. Per il prossimo anno è ancora tutto da decidere.
Pensioni e Tfr, brutta aria
Con l’avvento di un nuovo governo come evolverà “Quota 100” è un’enigma. L’Europa “ci chiede”di abolirla: la commissione europea più volte ci ha prescritto un contenimento della spesa previdenziale. “E poi, questo sistema è considerato un mezzo flop dal punto di vista dei numeri: dovevano usufruire della pensione anticipata ben 973 mila lavoratori nel triennio 2019-2021, ma nei primi due anni lo hanno fatto solo in 267.802”, ricorda il Giornale. In realtà, le cose cambiano e le difficoltà non diminuiscono: quest’anno “Quota 100” potrebbe invece agevolare il pensionamento di quei lavoratori che rischiano di rimanere per strada quando il 31 marzo prossimo cesserà il blocco dei licenziamenti. “Quota 100” potrebbe venire in soccorso di questi lavoratori in bilico e fungere da ammortizzatore sociale.
Anticipo sul Tfr, strada in salita
Si parlava di “Quota 102” elevando a 64 anni l’età minima. Si vedrà quali saranno le intenzione di Draghi, che ha già detto che consulterà partiti e parti sociali. Per trovare, se non altro, dal 1° gennaio 2022 un’alternativa o una soluzione intermedia tra “Quota 100” e i 67 anni. Ma c’è un altro fronte che desta preoccupazione tra i lavoratori. Strada in salita per i dipendenti della Pubblica amministrazione autorizzati a richiedere un anticipo sul TfR: un massimo di 45.000 euro sull’indennità di servizio, sia in relazione al Tfr che al Tfs. Come ci spiega il Messaggero questo potrebbe essere una pia illusione.
Alle banche non conviene
I tassi di interesse previsti dall’accordo tra banche e Abi (Associazione bancaria italiana) sono risultati troppo bassi per generare beneficio alle stesse banche. Solo quattro istituti di credito sono rimasti a garantire l’anticipo della liquidazione. L’Inps da novembre ha fornito ai lavoratori della Pa le indicazioni per accedere al finanziamento previsto del Tfs/Tfr, con l’anticipo di un massimo di 45.000 euro. Il tasso d’interesse dello 0,40% in più rispetto al rendimento medio del titolo pubblico, è stato valutato decisamente poco. 9 dei 13 istituti di credito che inizialmente avevano aderito all’accordo si sono chiamati fuori. La prima a farsi da parte, lo scorso 20 novembre, è stato la Banca Adria Colli Euganei: a ruota hanno poi seguito le altre. Ora ne sono rimaste solo 4.
Non rimane che rivolgersi a questi 4 istituti dice il segretario generale Confsal-Unsa Massimo Battaglia sul Giornale. “I 6-18 mesi originariamente previsti, infatti, sembrano destinati ad allungarsi a causa della scarsa partecipazione delle banche e della conseguente mancanza di risorse. Tutto è in stand by.