Roma, la mossa disperata del Pd: pronto a riciclare Gualtieri come sindaco. Ecco gli indizi
La notizia si rincorre da qualche giorno, ed esattamente da quando Mario Draghi ha annunciato la lista dei ministri: non avendo più incarichi di governo, Roberto Gualtieri è l’indiziato numero uno per fare il candidato Pd a sindaco di Roma. Ora al toto-sindaco che lo dà in pole per il Campidoglio si aggiunge però un altro indizio: «Bibliografia per un amico», ha scritto su Facebook, Claudio Mancini, braccio destro dell’ex ministro dell’Economia, postando una serie di libri sulla Capitale.
Il post del braccio destro
Nella foto si riconoscono un libro di Walter Tocci, uno di Francesco Rutelli, uno di Marco Causi. Insomma, del gotha politico e amministrativo della sinistra capitolina che fu. «Ho fatto una battuta qui e me la sono ritrovata su una agenzia di stampa. Da domani faccio una pagina ufficiale come quelli bravi», ha cercato di sdrammatizzare Mancini, aggiungendo l’hashtag #chetoccafa.
I dem prendono la «battuta» sul serio
La «battuta», che si inserisce per altro in un dibattito già aperto intorno al nome di Gualtieri come candidato al Campidoglio, però, è stata presa sul serio dagli stessi dem. «Cresce l’ipotesi della candidatura di Roberto Gualtieri a sindaco di Roma? Finalmente una personalità di assoluto rilievo, ma non dimentichiamo le primarie», ha commentato Stefano Pedica. E «soddisfatto» si è detto anche Tobia Zevi, che ha già avanzato la sua candidatura e ha a sua volta chiesto di accelerare sulle primarie.
La candidatura di Gualtieri a sindaco di Roma
Il diretto interessato, invece, come i vertici del partito, per ora tace. Il che potrebbe essere un segnale a sostegno dell’ipotesi. Gualtieri dalla sua avrebbe alcuni elementi: è un nome romano di caratura nazionale; ha buoni rapporti con l’Europa; potrebbe risolvere la querelle con Carlo Calenda, spingendolo a un passo indietro; potrebbe liberare gli apparati di partito dall’ingombro delle primarie, che molti – come confermato dai commenti a caldo – continuano a chiedere, ma che sono sempre foriere di incognite e possibili lacerazioni e che il Pd eviterebbe volentieri. Di contro c’è il nodo del M5S, laceratissimo a livello nazionale e provatissimo a livello locale dall’ingombrante auto ricandidatura di Virginia Raggi. E c’è, forse ancora di più, viste le percentuali del partito e il ruolo che ha avuto Gualtieri nel Conte bis, il rischio flop. Una sconfitta che diventerebbe una vera e propria debacle se investisse un “big” com’è ormai considerato l’ex ministro dell’Economia.
Il rischio di un tonfo è dietro l’angolo
Gualtieri ha, sì, infatti dalla sua di aver vinto nelle suppletive di un anno fa con la ragguardevole percentuale del 62%, ma allora aveva il vantaggio della ribalta da ministro, che di fatto drogò la campagna elettorale. Inoltre, c’è che quel collegio non è poi così rappresentativo della città. Era, infatti, il collegio di Roma centro, l’unica zona della Capitale che storicamente si è sempre dimostrata roccaforte della sinistra e, per dirla con un’espressione di recente tornata in auge, di quella particolare sinistra che è la sinistra radical chic. Insomma, una enclave, che semmai può essere cartina di tornasole al contrario: chi vince lì, perde altrove.