Bimbo morto nella piscina comunale: tutti assolti. Il pm non ci sta e ricorre: le colpe sono evidenti

2 Mar 2021 19:29 - di Redazione
bimbo morto nella piscina

Bimbo morto nella piscina comunale: il giudice assolve i 5 imputati. La Procura di Cosenza non ci sta. Quel verdetto. Quelle spiegazioni. Quella formula che assolvono gli imputati alla sbarra per la morte del piccolo Giancarlo Esposito, il bambino di 4 anni deceduto il 2 luglio del 2014 nella piscina comunale “Kinder Garden” di Campagnano a Cosenza, non risponde alle esigenze di verità e giustizia che i pm cercano per acclarare le responsabilità sulla tragica vicenda. E così la Procura ha deciso che ricorrerà in appello. Contro la sentenza del Tribunale della città bruzia, che l’8 luglio scorso ha assolto con formula piena tutti gli imputati nel processo sulla morte del piccolo. Contro il rigetto della richiesta di condanna del pm e delle tesi alla base dell’ipotesi accusatoria.

Bimbo morto nella piscina comunale: la Procura ricorre contro l’assoluzione degli imputati

In primo grado, infatti, il giudice Giovanni Garofalo ha assolto «perché il fatto non sussiste» Carmine Manna, legale rappresentante della società che gestisce le piscine di Campagnano. E le quattro educatrici: Franca Manna, Luana Coscarello, Martina Gallo e Ilaria Bove. Nei confronti di tutti loro, il pm Mariafrancesca Cerchiara aveva chiesto la condanna a 5 anni di carcere, ritenendo che ci fossero state «evidenti responsabilità» nella morte di quel bambino. Ma la tesi dell’annegamento, messa in discussione di fronte a due perizie: una di parte, e l’altra disposta dal giudice, hanno dato adito a ritenere che il decesso fosse stato causato da una miocardite acuta fulminante.

E contro «contraddittorietà e manifesta illogicità della decisione e l’erronea valutazione delle prove»

Una motivazione del decesso che non ha convinto la Procura. Che ora, in base a quanto riferisce l’Adnkronos, ha deciso di ricorrere in appello contro l’assoluzione. Un ricorso motivato con parole e argomentazioni forti. Nel ricorso, infatti, il pm fa riferimento a «contraddittorietà e manifesta illogicità della decisione, in relazione alla erronea valutazione delle prove. Con riferimento alle consulenze in atti, depositate dai consulenti del pm e delle parti civili, in relazione all’accertamento delle cause della morte del bimbo». Non solo. Nel provvedimento sulla vertenza della procura, si parla espressamente di «erronea valutazione delle plurime violazioni della normativa di sicurezza, prevista dalla legge e dal regolamento in materia di gestione ed utilizzo di impianti sportivi, quale fonte di responsabilità penale degli imputati». Ora la parola passa all’appello.

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