Boldrini risponde sulla colf non pagata: “Solo ritardi col Caf”. Lucarelli la gela: “Ci vogliono 10 mesi?”
La colf e la portaborse della Boldrini tengono banco anche oggi, dopo il chiarimento poco chiaro della ex presidente della Camera. In particolare, è particolarmente vibrabte lo scontro di oggi sul Fatto Quotidiano tra Laura Boldrini e Selvaggia Lucarelli
Chi sono le due donne in lite con la deputata Pd
Sulla vicenda delle due ex collaboratrici della Boldrini a proposito delle mansioni svolte e delle somme pagate per i loro servizi, restano molti punti oscuri. L’ex presidente della Camera scrive che con la sua ex collaboratrice domestica, Lilia, “stiamo trovando un accordo per formalizzare la chiusura del rapporto di lavoro. Purtroppo con un ritardo da me non voluto ma causato da una difficoltà oggettiva a contattare la persona del Caf referente della vicenda. Il punto è che ci sono delle discrepanze da verificare sui saldi finali del Tfr da me già versato per ogni anno di lavoro. Dunque è in corso una verifica, che sta terminando, da parte della mia commercialista e del Caf”.
Boldrini Lucarelli, la colf e la collaboratrice
Quanto alla ex collaboratrice parlamentare Roberta. Ecco la versione boldriniana. La sua “retribuzione corrispondeva a criteri stabiliti dall’amministrazione della Camera. Devo dire che ha svolto un buon lavoro in anni intensi e complessi. Sempre manifestandomi la volontà di voler far parte della mia squadra, nonostante le difficoltà logistiche che doveva affrontare ogni settimana, venendo da Lodi, e che io stessa fin dall’inizio le avevo fatto presente. Per questo sono rimasta stupita e dispiaciuta nel leggere quanto da lei dichiarato, visto il rapporto che si era sviluppato con lei”.
I due casi distinti: l’ex presidente della Camera scrive al Fatto
“Il rapporto di lavoro con la colf è terminato 10 mesi fa – replica Selvaggia Lucarelli – risulta dunque poco realistico che in tutto questo tempo non sia stato possibile contattare il commercialista del Caf e che la ex collaboratrice domestica si sia dovuta rivolgere a un avvocato, sebbene la si stesse cercando da quasi un anno”.
Quanto all’ex collaboratrice parlamentare Roberta, “è vero che gli accordi economici iniziali con lei erano quelli, ma è anche vero che la pandemia, la malattia del figlio e, semplicemente, un po’ di empatia per una condizione di difficoltà economica di una lavoratrice madre di tre figli avrebbero potuto comportare un adeguamento almeno per il rimborso delle spese. Inoltre, se è vero che gli accordi sullo stipendio erano quelli, forse non era altrettanto chiaro fin dall’inizio che tra le mansioni richieste a una collaboratrice parlamentare potessero esservi anche la prenotazione di parrucchieri e il ritiro abiti in lavanderia”, conclude la Lucarelli.