Come prima, più di prima: anche Letta scambia l’ombelico del Pd per il centro del mondo
È un peccato che nell’Italia per tre quarti “zona rossa” e per l’altro (o quasi) in tinta arancione sia di fatto impossibile raccogliere umori popolari nei classici luoghi di ritrovo. Peccato perché lo avremmo fatto volentieri. Magari alla maniera di Nanni Loy, con l’aiuto di una candid camera. Ma invece di inzuppare a tradimento il cornetto nel caffellatte dell’avventore, gli avremmo chiesto un commento sullo ius soli annunciato da Enrico Letta. E poi vedere di nascosto l’effetto che fa. In mancanza, ci accontentiamo di immaginarlo, scommettendo che sarebbe stato assai diverso dall’entusiastica accoglienza riservatogli dalla stampa.
L’annuncio dello ius soli lo conferma
Di Letta, in questi giorni, abbiamo praticamente letto tutto: vita, pensieri, opere (poche) e parole. Pensavamo, tuttavia, che fosse immune da quel vizietto tipico della sinistra magistralmente evidenziato da Woody Allen nel Dittatore dello Stato libero di Bananas, gustosa parodia del comunismo caraibico. Ricordate il primo annuncio post-rivoluzione del capo dei Barbudos? Semplicemente da incorniciare: «Da oggi la lingua ufficiale è lo svedese». Letta ha fatto più o meno la stessa cosa. Ad un Paese terrorizzato dal virus e stremato dal crollo del Pil, ha spiegato che la sua priorità è rendere più facile il conseguimento della cittadinanza italiana. Sai che emozione se solo ci fossero stati, bar, ristoranti e barbieri aperti.
Letta ha ignorato la pandemia per “ideologia”
Purtroppo sono serrati causa pandemia. Solo il neo-leader del Pd ha fatto finta di non accorgersene pur di rincorrere le paturnie ideologiche del Pd. Apposta ha tirato fuori lo ius soli. Ma fuori da quel recinto l’effetto è grottesco, come proporre un giro in barca a un moribondo. Un vero genio del tempismo. Altrove lo avrebbero rispedito in Francia. Da noi, invece, i sapientoni si strizzano l’occhietto dandosi di gomitano per sottolinearne gli inequivocabili propositi di riscossa politica. Sono gli stessi che non perdono occasione per lamentarsi della mancanza di una «destra normale». Ma a sentir Letta, chissà perché, verrebbe da pensare il contrario e cioè che qui di anormale c’è solo la sinistra. Certo, a volte la destra sbaglia toni e decibel, ma la gauche stecca su tutto. A partire da contenuti e priorità. Fatale, del resto, quando si scambia il proprio ombelico per il centro del mondo.