Così “Cuore” di De Amicis indicò un modello scolastico “rivoluzionario”: autore da riscoprire
Sul bagnasciuga della nostra cultura generale, le impronte lasciate da alcuni autori, magari anche abbastanza distante da noi, sotto un profilo cronologico, restano per alcuni aspetti indelebili. Ineludibili. Alludiamo, in questo caso allo scrittore Edmondo De Amicis. Autore, del fortunatissimo libro “Cuore”. Ricorre l’11 marzo la data della sua morte, avvenuta a Bordighera nel 1908. Il libro gli diede grande notorietà e fama. “Cuore” costituì la pietra angolare sulla quale fondare la formazione dei giovani destinatari del sogno da poco realizzato, non ancora definitivamente compiuto dell’Unità d’Italia. Tutti ricordiamo gli episodi colmi di amor patrio “La piccola vedetta lombarda” e “Il tamburino sardo” presenti nel testo.
Il libro, dichiaratamente dedicato ai ragazzi uscì ad opera dell’editore Treves nel 1886. Dalla critica, negli anni seguenti fu bollato e liquidato, con faciloneria degna di miglior causa come libro “dei buoni sentimenti”. La vicenda era ambientata tra gli alunni di una scuola elementare. La scuola era all’attenzione dello scrittore. Aveva modo così di promuovere riserve e critiche sui nascenti nuovi assetti sociali. Da Giovanni Pascoli, non a caso lo scrittore era definito “apostolo della scuola”. Basti pensare che la proposta di una scuola popolare laica e gratuita, da lui teorizzata era considerata per l’epoca una mera utopia. Secondo l’opinione di De Amicis, la scuola nel senso da lui indicata, doveva essere asse portante dello Stato Unitario. Le ragioni di questo, le rintracciamo considerando, l’altissimo tasso di analfabeti, che investiva le fasce più fragili della popolazione di quel periodo. In un simile contesto restavano di fatto escluse dalla piena e consapevole partecipazione alla vita politica e sociale.
La mancanza di tracce di presenza, di valorizzazione, o di semplice presa in esame del Cattolicesimo, nella scuola descritta in Cuore, trova riscontro nelle tensioni presenti tra credenti e non emerse durante tutto il periodo dell’edificazione dell’Unità d’Italia. Nel potenziamento dell’Istituzione scolastica, oltre che come fonte di saperi e formazione, l‘autore di Cuore aveva con acume individuato il punto da azionare, per far partire quella che oggi viene definita “l’ascensore sociale”. Come evidenzieremo, lo scrittore, come molti personaggi del “900, si determinò a maneggiare un materiale ideale sfuggente come il mercurio. Quale è quello di tentare di trovare il giusto equilibrio tra Nazionalismo e istanze sociali. Quadratura del cerchio, che passando anche per esperienze drammatiche di ben due conflitti mondiali, ancora non si è riuscito a concretizzare compiutamente.
De Amicis, era ligure nato a Oneglia il 21 ottobre 1846 venuto a mancare a Bordighera 11 marzo 1908. La sua scelta giovanile fu quella di abbracciare la carriera militare. Tanto che sedicenne lo troviamo, ad aver superato il corso d’ammissione alla prestigiosa Accademia Militare di Modena. Visse quindi in prima persona la delusione da cittadino e l’amarezza da soldato della sconfitta di Custoza nella Terza Guerra d’Indipendenza. La sua partecipazione a quella esperienza di vita militare, non fu casuale, ma bensì frutto di una scelta condivisa da molti giovani della sua generazione, nel suo caso anche per traversie familiari. Le fantasie, di quei giovani erano rapite, solo per fare un nome dalle gesta di un eroe come Giuseppe Garibaldi. La sconfitta di Custoza, aveva coperto di discredito e mancanza di fiducia l’opinione pubblica, nei confronti del Regio Esercito Sabaudo.
L’atmosfera di crescente Nazionalismo, poteva in quella situazione subire ripercussioni negative, anche di portata imprevedibili. Gli Alti Comandi, per recuperare sentimenti positivi di attaccamento al Tricolore e alla forza militare che la sosteneva, vararono, tra le altre una nuova iniziativa. Un giornale, attorno al quale raccogliere le migliori energie intellettuali. Adeguato, anche con stili e linguaggi innovativi, idonei a sostenere il morale e l’entusiasmo della truppa mantenendo il sostegno dell’opinione pubblica. Il sottotenente Edmondo De Amicis quindi fu coinvolto, in quello che nei fatti era un periodico di propaganda dell’Esercito “Vita Militare”. L’ufficiale, versato alla scrittura, si dedicò a sviluppare bozzetti su quel tipo di vita. Riscossero, un tale successo, che saranno ripresi inseguito, per andare a formare l’ossatura di “La vita militare” pubblicazione aggiornata più volte e sempre con crescente successo. De Amicis, concepiva l’Esercito e la Scuola, come Istituzioni faro della vita nazionale. Depositari di valori patriottici e solidaristici. Lo scrittore, seguì come giornalista militare e combattente la conquista di Roma. Qualcosa però era cambiato radicalmente in lui. Pesavano anche alcune critiche. Alcuni, gli attribuivano di aver descritto in modo troppo edulcorata la vita sotto le armi.
Dopo la conquista di Roma, quasi a suggello che quell’impegno morale assunto fin dalla prima giovinezza era stato onorato, l’ufficiale prese una decisione drastica e coraggiosa. Si dimise dall’esercito, per dedicarsi interamente alla scrittura. Quella che era la sua vera passione. Nel frattempo il mondo, si stava trasformando. La richiesta di Sovranità e Indipendenza, da parte degli Stati soggiogati dalle potenze Austriache e Germaniche, si spandevano a macchia d’olio per il vecchio continente. In Italia, la giovanissima Nazione, non era ancor in grado di poter dare tutte le risposte necessarie alle domande di giustizia sociale che si facevano sempre più pressanti.
Ne troviamo dolorosa testimonianza nel romanzo “Sull’Oceano”. L’autore di Oneglia, primo in assoluto tratterà, la vera e propria epopea migratoria, vissuta in quegli anni da tanti compatrioti. La nave “Galileo”, a bordo della quale navigava con gli emigranti, imbarcazione che ospitava il futuro, tutto da costruire di 1600 compatrioti segnati da penuria, spesso da fame. Vicissitudini, vissute in prima persona, che De Amicis riporterà sulla pagina. Il libro è del 1899. L’atmosfera complessiva, respirata in quella gravosa atmosfera, segnata dai sentimenti contrastanti quali quelli del dolore per l’abbandono del suolo natio e la speranza in un futuro migliore, furono aneliti che non lo lasciarono insensibile. Esperienza, che deve aver colpito significativamente, l’animo e i convincimenti fino allora nutriti dallo scrittore. Tanto è che ad un anno, da quel vissuto di sofferta emigrazione, De Amicis sorprendendo un poco tutti fece il grande passo.
Nel 1890, l’autore di “Cuore”, sicuramente testo fondato sui valori del Nazionalismo si avvicinava al Socialismo. Diventando amico tra gli altri di Filippo Turati. Personalità di maggiore spicco di quello organismo politico. Il percorso intellettuale e politico dello scrittore, anticipa in modo evidente il tentativo, seguito con varie modalità e proposte di soluzioni praticabili di trovare un giusto equilibrio tra Socialismo e Nazionalismo. Idee forza del “900, che forse non avevano considerato a dovere le esigenze degli altri due immancabili protagonisti della partita la Libertà e le dinamiche economiche. E per quanto grande, il “Cuore” di De Amicis, non era arrivato a prendere nella dovuta considerazione anche questi elementi. Sicuramente non è stato il solo.