Da Zingaretti siluro al governo Draghi. Come al solito i veri irresponsabili sono quelli del Pd
Zingaretti lascia e alla fine i veri irresponsabili sono sempre loro, quelli del Pd. Si ribalta l’accusa che loro stessi avevano lanciato contro Giorgia Meloni, accusata per la sua scelta di opposizione di voler boicottare il governo di unità nazionale voluto dal presidente della Repubblica.
Un siluro al governo Draghi
E invece, dopo tanto blaterare sulla necessità di guardare al bene del Paese, il siluro più temibile al lavoro di Mario Draghi arriva proprio dai democratici. Al Nazareno infatti si è aperto un congresso anticipato, con una guerriglia di dichiarazioni quotidiane, che ha messo Nicola Zingaretti all’angolo. La sinistra non è nuova a questo lavoro di logoramento che danneggia soprattutto se stessa ma che, soprattutto, la rende inaffidabile come forza di governo, proprio come aveva sottolineato Giorgia Meloni nei suoi colloqui con Draghi quando questi non aveva ancora formato il suo esecutivo.
Il colpo del sondaggio su Conte
Probabilmente il colpo finale a Zingaretti è arrivato dal sondaggio La7 secondo cui con Conte leader il M5s salirebbe al 22%, mentre il Pd precipiterebbe al 14% superato da Fratelli d’Italia al 16%. Numeri che disintegrano la strategia che Zingaretti ha strenuamente difeso e cioè la creazione di un polo a sinistra fondato sull’intesa con M5S e Leu.
Salvini commenta la mossa di Zingaretti
E tra i primi commenti all’addio di Zingaretti c’è quello di Matteo Salvini, il quale si augura che le dimissioni non creino problemi all’esceutivo. “Spiace che il Pd – aggiunge Salvini – abbia problemi interni che costringono Zingaretti a dimettersi, ma noi oggi stiamo lavorando coi ministri della Lega per produrre vaccini in Italia, per rottamare 65 milioni di cartelle esattoriali, per far arrivare rapidamente i rimborsi attesi a 3 milioni di Partite Iva, professionisti e imprenditori. Dalle parole ai fatti”.
Critiche a Zingaretti per il rapporto con la Lega
Anche il rapporto con la Lega è stato al centro delle critiche che sono piovute sul segretario dem dimissionario. Colpevole, agli occhi dei suoi, di non aver saputo rintuzzare le pretese della Lega. Inutile il richiamo al realismo del segretario: “Noi abbiamo perso le elezioni, loro le hanno vinte”.
Zingaretti pensa a candidarsi a Roma?
Ora ci sono le dimissioni sul tavolo. C’è chi dice che potrebbero essere una mossa per preparare la candidatura a sindaco di Roma e chi propende per un’altra tesi: Zingaretti vuole costringere il partito a tirarlo per la giacca.
O punta alla riconferma nell’assemblea nazionale?
Una mossa per anticipare la discussione e chiuderla definitivamente all‘assemblea nazionale (13-14 marzo). Insomma, Zingaretti punterebbe alla riconferma in quella sede. Matteo Ricci, neo coordinatore dei sindaci dem, lo ha subito auspicato a stretto giro: “Comprensibile e condivisibile lo sfogo di Zingaretti, ma Nicola deve rimanere e continuare il suo mandato con la rinnovata spinta dell’Assemblea”. Come Francesco Boccia: “Penso che l’Assemblea nazionale abbia una sola strada: chiedergli di restare segretario del Pd che, grazie alla sua guida, è uscito da uno dei periodi più bui della sua storia”.