Draghi fa peggio di Conte: le grandi imprese fanno la parte del leone, spiccioli alle piccole
Draghi è riuscito a fare peggio di Conte. Il dl Sostegni tanto atteso ha provocato malumori. Il decreto del governo Draghi che avrebbe dovuto risollevare le imprese italiane non soddisfa le reali necessità delle aziende. E ora le imprese attendono che il premier attivi altre misure. Si parla di un sesto decreto con scostamento di bilancio. Ma le proteste non si placano.
Draghi e il dl Sostegni
Il decreto Sostegni da oggi distribuirà 11,5 miliardi di euro a una platea di beneficiari più ampia riducendo gli importi e agevolando grosso modo le imprese che fatturano oltre 5 milioni di euro e dando poche risorse alle piccole imprese. Tagliati fuori anche imprese e professionisti con un calo di fatturato minore del 30% tra il 2019 e il 2020.
Ristori: Draghi e Conte a confronto
Il fattoquotidiano ha chiesto alla Fondazione studi dei Consulenti del lavoro di elaborare una tabella di simulazione sui vari ristori attuati in un anno al fine di confrontarli. I decreti a confronto sono il dl Rilancio che, approvato nel maggio 2020, ha stanziato 6 miliardi di euro di contributi a fondo perduto. Il dl Ristori dell’ottobre 2020 (12,4 miliardi), il dl Ristori bis del novembre 2020 (1,4 miliardi) e il dl Sostegni (oltre 11 miliardi). Nel computo non è stato considerato il decreto Natale che ha stanziato 645 milioni di euro ai soli titolari di partita Iva interessati dalle restrizioni imposte nelle zone rosse durante le festività natalizie. Ed ecco la prima differenza.
Ecco le differenze
I dl Rilancio, Ristori e Ristori bis hanno preso come base di calcolo la differenza tra l’importo della media mensile del fatturato del mese di aprile 2020 su aprile 2019 delle attività previste dai codici Ateco. Il dl Sostegni ha calcolato l’ammontare del contributo applicando una percentuale di ristoro in base alla differenza di quanto fatturato tra l’anno 2020 e il 2019. Per ampliare la base dei beneficiari il dl Sostegni ha diminuito la base di calcolo, facendo quindi ridurre anche gli importi erogati. Contestazione, scrive il fattoquotidiano che è giunta dal Servizio del Bilancio del Senato. Ma per i tecnici di Palazzo Madama ci sarebbe anche un problema di stanziamenti: i soldi del decreto del governo Draghi potrebbero essere insufficienti poiché i ristori sono stati allargati anche alle grandi imprese che fatturano fino a dieci milioni.
Quanto ha preso un barista
Il fatto prende come esempio l’attività di un bar con fatturato pre-Covid di 100mila euro e un crollo del 50% nel 2020. Se nell’aprile 2019 aveva fatturato 17mila euro, esattamente un anno dopo ha registrato zero durante il lockdown. Con la prima tornata di ristori il barista ha preso 3.400 euro (il 20% dei ricavi). Importo salito a 5.100 euro a fine ottobre con il dl Ristori che ha tenuto la stessa base di calcolo, aumentando però le percentuali dei ristori. La nuova tranche di soldi del dl Sostegni è crollata a 2.500 euro.
Negozio di abbigliamento
Altro esempio un negozio di abbigliamento. A maggio 2020 ha preso oltre 15mila euro di ristoro, ha poi incassato il doppio a novembre e ora prenderà 11.600 euro. Concessionaria di auto: per chi fattura fino a cinque milioni. Esclusa dal Ristori e dal Ristori bis per il limite di fatturato, ha ottenuto 50mila euro sia a maggio scorso sia ora con il dl Sostegni. Ma sono le imprese più grandi, conclude il fattoquotidiano nella sua analisi, a rifiatare di più con l’aumento del tetto di fatturato da 5 a 10 milioni di euro. Così, per esempio, anche un’azienda che produce plastiche potrà richiedere i ristori e incassare 66mila euro.