Il Dantedì di Benigni. «Il Sommo Poeta fondò un partito: il Pd. Sono 700 anni che non si dà pace» (video)
“Dante Alighieri è stato un grande politico“. La biografia del sommo Poeta, le invettive contro la decadenza della sua Firenze sono la testimonianza di un profondo impegno civile. Fino al doloroso esilio. Roberto Benigni ancora una volta cattura il pubblico televisivo con la lettura della Commedia sul Colle più alto. Trasmessa dalla Rai 3 nell’edizione speciale dedicato ai 700 anni dalla morte di Dante. Pathos ma anche digressioni divertenti e divertite sull’attualità nel Dantedì di Benigni. Al Quirinale, alla presenza del capo dello Stato Mattarella e del ministro Franceschini il premio Oscar, alle prese con il XXV canto del Paradiso, non resiste all’ironia.
Dantedì, Benigni mette alla berlina il Pd
Nell’euforia del viaggio tra le terzine dantesche gli scappa una battuta. Come spesso accade nei suoi monologhi. Dove la poesia si mescola alla satira politica. Questa volta il Roberto nazionale, di provata fede progressista, si diverte a mettere alla berlina il Pd. Che, come il partito di Dante, non trova pace. Si contorce, si arrovella, cambia segretari, ma non vince mai. Tale e quale al partito di Letta. La storia si ripete.
Il partito di Dante, come quello di Letta, non vince mai
“Dante è stato un grande politico, amava la politica”, dice Benigni. “Stava con i guelfi, e ha partecipato molto attivamente alla politica della sua città. Non gli ha portato bene perché è stata la sua rovina. Lo hanno esiliato ingiustamente da Firenze e condannato, quindi è passato tra i ghibellini. Ma alla fine ha detto basta con la politica e ha fatto ‘parte per se stesso‘”. E ancora. Con estrema sintesi. ” Ha cambiato opinione, è stato esiliato, alla fine non ne poteva più e ha detto basta con la politica, e ha fatto un partito dove c’era solo lui, il Pd: il partito di Dante. Sono settecento anni che non trova pace questo partito di Dante”.
Al capo dello Stato: se ha bisogno di un corazziere…
Nella Sala dei corazzieri rompe il ghiaccio rivolgendosi al capo dello Stato. “Sono veramente felice, onorato di essere qui in questa sede per omaggiare il genio di Dante”, dice un emozionato Benigni. Per poi scherzare con la prima carica dello Stato. “Ho stima, ammirazione per lei. Mi vergogno, vorrei abbracciarla ma non si può. Vorrei rendermi utile per lei”, insiste. “Se ha bisogno di un corazziere, perché qualcuno è in ritardo o ha il raffreddore, ho già pronta l’uniforme. Oppure il cuoco, l’autista, il sarto, il barbiere: una volta l’ho vista in tv e non aveva il barbiere. Ecco, le faccio i capelli vestito da corazziere“.