Il Recovery affidato agli americani di McKinsey, Meloni: «Incredibile». E Pd e Leu cadono dal pero
Non solo la ferma opposizione di FdI, che ha già annunciato un’interrogazione. La scelta del ministero dell’Economia di affidarsi alla società di consulenza americana McKinsey per la stesura del Recovery Plan sta creando un terremoto anche nelle forze che compongono la stessa maggioranza, che si accodano alle proteste del partito di opposizione. «È possibile che con tutti i ministri, viceministri, sottosegretari, capi dipartimento, capi uffici legislativi, task force, dirigenti, tecnici e funzionari dello Stato che abbiamo, il governo Draghi debba affidare la stesura del Recovery Plan ad una società privata di consulenza?», ha chiesto Giorgia Meloni, rilanciano una grafica di FdI, che bolla la vicenda come «incredibile».
Il contratto tra Mef e americani «firmato nei giorni scorsi»
Sul tema il deputato di FdI e responsabile per l’innovazione del partito, Federico Mollicone, ha già annunciato la presentazione di una interrogazione. Ora anche da Pd e Leu si levano voci di protesta, per una scelta che appare piombata inaspettata sulle stesse forze di maggioranza. La notizia che sta scuotendo i “Dragi boys”, infatti, è emersa grazie a indiscrezioni di stampa. In particolare, è stata Repubblica a riferire che «il contratto tra la società e il ministero è stato firmato nei giorni scorsi» e che «è stato il Mef, guidato da Daniele Franco, a contattare McKinsey per accelerare la riscrittura del piano italiano e colmare i ritardi accumulati nei mesi scorsi».
La mani di McKinsey sul Recovery Plan
A polemica esplosa il Mef ha confermato l’assegnazione dell’incarico e precisato che «l’attività di supporto richiesta a McKinsey riguarda l’elaborazione di uno studio sui piani nazionali “Next Generation” già predisposti dagli altri Paesi dell’Ue e un supporto tecnico-operativo di project-management per il monitoraggio dei diversi filoni di lavoro per la finalizzazione del Piano». Il ministero ha sottolineato inoltre che per l’incarico alla società saranno corrisposti 25mila euro più Iva. La stessa Repubblica, del resto, aveva chiarito che per la consulenza di McKinsey era stato pattuito di fatto solo un «rimborso spese». Difficile pensare, però, a un gesto di altruismo del colosso americano. E, infatti, l’ipotesi è che «i ritorni per la multinazionale potrebbero esserci a valle dell’operazione, quando bisognerà mettere a terra tutti i progetti approvati» nell’ambito del ricchissimo piatto da 209 miliardi del Next Generetion Eu.
FdI: «Un esproprio della sovranità nazionale»
La decisione sarebbe stata motivata coi tempi: troppo stretti (la presentazione alla Commissione Ue deve avvenire entro il 30 aprile) perché la burocrazia italiana possa rispettarli. Ma la necessità di fare in fretta non basta a sanare il cortocircuito politico. Intanto, come ha sottolineato Mollicone nel suo durissimo intervento ci sono il fatto che, di nuovo, il Parlamento si trova esautorato dal suo ruolo e che «affidarsi a una società straniera è un esproprio di sovranità nazionale».
L’ira di Pd e Leu, all’oscuro dell’operazione
Poi c’è il paradosso messo in luce da Stefano Fassina di Leu, partito che – è bene ricordarlo – esprime il centralissimo ministro della Salute. «I tecnici dei tecnici. No, così proprio non va. Così, si umiliano le competenze delle pubbliche amministrazioni e si allontana l’accountability politica», ha sottolineato il deputato. Ma anche dal Pd non sono mancate critiche feroci al proprio governo. «Con tutto il rispetto per McKinsey, se le notizie uscite oggi fossero vere, sarebbe abbastanza grave», ha commentato l’ex ministro per gli Affari regionali, Francesco Boccia, mentre l’ex viceministro all’Economia, Antonio Misiani, ha ricordato le parole di Draghi in Senato secondo le quali «la governance del Pnrr è incardinata nel ministero dell’Economia con la strettissima collaborazione dei ministeri competenti». «Se lo schema è cambiato – ha avvertito Misiani – va comunicato e motivato al Parlamento».
Su McKinsey e Recovery M5S “distratto” o compiacente?
Tace, invece, per il momento il M5S, forse perché distratto dai propri guai interni, forse perché non è così tanto contrariato dalla decisione. In fondo, come ricordato da Nicola Fratoianni «la governance che espropriava il Parlamento» è stato uno dei tratti tipici del Conte II. E ricascarci, ha sottolineato l’esponente di Sinistra italiana, sarebbe «piuttosto grave, oltre che grottesco».