Le giovani turche sfidano Erdogan (video): “No all’uscita dalla Convenzione contro la violenza sulle donne”
Migliaia di persone, per la maggior parte ragazze, hanno protestato sabato in Turchia chiedendo al presidente Recep Tayyip Erdogan di revocare la sua decisione di ritirarsi dal primo trattato vincolante al mondo per prevenire e combattere la violenza contro le donne.
Una decisione “devastante”. Così il segretario generale del Consiglio d’Europa, Marija Pejcinovic Buric, ha definito la decisione della Turchia di ritirarsi dalla Convenzione di Istanbul. “Questa mossa è un’enorme battuta d’arresto” negli “sforzi” internazionali per proteggere le donne dalla violenza. Ed è “tanto più deplorevole perché compromette la protezione delle donne in Turchia, in tutta Europa ed oltre”, ha dichiarato in una nota.
Alcuni dirigenti del partito islamico vicino a Erdogan avevano chiesto una revisione dell’accordo, sostenendo che non è coerente con i valori conservatori della Turchia. Le norme incoraggerebbero il divorzio, minando il nucleo familiare tradizionale. Secondo il governo turco, il trattato promuove in maniera implicita l’omosessualità attraverso l’uso di categorie come “genere”, “orientamento sessuale” e “identità di genere”. La Convenzione è considerata come una minaccia per le famiglie turche.
Carfagna: “Un dato preoccupante per tutti”
“Il ritiro della Turchia dalla Convenzione di Istanbul è un dato preoccupante perché indica una ulteriore e forse definitiva regressione di Ankara sul terreno dei diritti umani e civili”. Lo dichiara in una nota Mara Carfagna, ministro per il Sud e la Coesione territoriale.
“Questo – afferma – è sicuramente un danno per la parte del mondo musulmano che cerca faticosamente di muoversi nella direzione opposta, per restituire dignità e valore alle donne e per distaccarsi dal lato buio di tradizioni tribali, che giudicano la libertà delle donne intollerabile. Voglio esprimere la mia massima solidarietà alle donne turche. Prime vittime di questa marcia indietro oscurantista, che in queste ore si stanno mobilitando contro la decisione del Presidente. Segnalo con forza l’allarme che le politiche adottate da Erdogan suscitano nel quadro occidentale, ricordando come la Turchia rappresenti un Paese importante per il bacino del Mediterraneo e per gli equilibri dell’Alleanza Atlantica”, conclude il ministro Carfagna.
Che cos’è la Convenzione contro la violenza sulle donne
Primo Paese a ratificarla il 12 marzo del 2012, la Turchia è anche il primo Paese a uscire dalla Convenzione di Istanbul sulle donne. La Convenzione di Istanbul afferma che uomini e donne hanno uguali diritti e obbliga le autorità statali a prendere provvedimenti per prevenire la violenza di genere contro le donne, proteggere le vittime e perseguire i responsabili.
Il testo caratterizza la violenza contro le donne come una violazione dei diritti umani e una forma di discriminazione. I paesi dovrebbero esercitare la dovuta diligenza nel prevenire la violenza, proteggere le vittime e perseguire i colpevoli. La Convenzione è il primo trattato internazionale a contenere una definizione di genere. Infatti all’articolo 3, lettera c, il genere è definito come “ruoli, comportamenti, attività e attributi socialmente costruiti che una determinata società considera appropriati per donne e uomini”.
Inoltre, il trattato stabilisce una serie di delitti caratterizzati da violenza contro le donne. Gli Stati dovrebbero includere questi nei loro codici penali o in altre forme di legislazione o dovrebbero essere inseriti qualora non già esistenti nei loro ordinamenti giuridici.
La scelta della Turchia e la violenza sulle donne
Ecco i reati previsti dalla Convenzione. La violenza psicologica, gli atti persecutori, stalking, la violenza fisica, la violenza sessuale, compreso lo stupro, il matrimonio forzato, le mutilazioni genitali femminili, l’aborto forzato e la sterilizzazione forzata, le molestie sessuali. La convenzione prevede anche un articolo che prende di mira i crimini commessi in nome del cosiddetto “onore”.
La convenzione contiene 81 articoli divisi in 12 capitoli. La sua struttura segue quella usata nelle più recenti convenzioni del Consiglio d’Europa. La struttura dello strumento è basato sulle “quattro P”: prevenzione, protezione e sostegno delle vittime, perseguimento dei colpevoli e politiche integrate.