Locali aperti dal 6, la guerra dei ristoratori spacca il fronte degli chef: Vissani contro la Mantia
Ristoranti aperti dal 6 aprile a pranzo e a cena, la guerra dei ristoratori spacca il fronte degli chef: Vissani contro la Mantia. Sulla protesta dei ristoratori contro le chiusure imposte dal governo il fronte degli chef si spacca. Con Gianfranco Vissani che esorta a «stare uniti e restare tutti chiusi». Mentre, dall’altra parte della barricata, Filippo La Mantia garantisce «pieno sostegno a chi terrà aperto 6 aprile». Due facce della stessa, drammatica medaglia: quella portata avanti da un settore in ginocchio, che nelle ultime ore ha visto formalizzare la strategia offensiva del comparto ristorazione dal Mio, il Movimento Imprese Italia, che ha lanciato l’ultimo guanto di sfida con la protesta di 1200 ristoranti che, dal 6 aprile terranno aperto a pranzo e a cena per protestare contro il prolungamento delle misure restrittive.
La protesta dei ristoratori diventa scontro tra chef: Vissani contro La Mantia
Due chef, due modi diversi di protestare e vivere la guerra in corso tra il mondo della ristorazione e il governo. Il proprietario di Casa Vissani a Civitella del Lago non ha dubbi: «Bisogna essere uniti e più furbi di loro. Ci stanno riducendo in condizioni pietose». Ma quando si tratta di scegliere come protestare, il cuoco sceglie dal menù delle possibilità la chiusura. «Restare aperti dal 6 aprile a pranzo e a cena? Non sono d’accordo», dichiara senza ulteriori giri di parole il mentore della valorizzazione gastronomica dei prodotti del territorio. E incalza: «Andare contro la legge non paga. Dobbiamo restare tutti chiusi. Tutti: panetterie, pasticcerie, ristoranti, pizzerie, anche il delivery. Chiudiamo per settimane e vediamo che fanno».
Vissani contro La Mantia: «Restare aperti dal 6 aprile a pranzo e a cena? Non sono d’accordo»
Una controffensiva, quella caldeggiata da Vissani, che punta a forzare la mano proprio a partire dalle prescrizioni governative. «Bisogna essere più furbi, perché ci stanno massacrando e così non si può continuare», prosegue nel suo sfogo lo chef. Che affida ricette comportamentali e battagliere recriminazioni all’Adnkronos. E che, commentando la situazione drammatica in cui versano i ristoratori italiani, anche alla luce della protesta lanciata da 1200 esponenti di settore su iniziativa del Mio Italia, aggiunge: «Prima Conte faceva il dpcm. Adesso sono furbi e fanno i decreti. Mentre noi stiamo aspettando che arrivi la manna dal cielo». Poi, entrando nel vivo della polemica, Vissani passa a rivolgersi direttamente al premier.
«Non ci danno neanche i soldi per poter sopravvivere»
A cui manda a dire: «Dovrebbe capire che qui c’è un mondo, pieno di persone che lavorano in questa attività. Senza considerare l’hinterland, i matrimoni, le discoteche, le mense: ci sono locali chiusi e sigillati da sei mesi. E non ci danno neanche i soldi per poter sopravvivere. È una vergogna. Io spero che il signore Draghi si renda conto che stiamo vivendo»…Concludendo la sua amara disamina con un cenno alla situazione economica sua, e di tutti i ristoratori italiani: «Hanno spostato il termine delle tasse, ma noi come facciamo a pagarle secondo loro? Pensano solamente a salvare il loro culo. Non ci sono soldi a fondo perduto, come hanno fatto in tutti i paesi. Si parla solo di vaccini, ma non si parla della gente che ha bisogno. Che si uccide. Chiede l’elemosina. Gente che sta morendo»...
Vissani contro La Mantia che condivide la scelta dei ristoratori di restare aperti
Come anticipato, però, un altro chef rinomato – anche se lui, al di là di epiteti esterofili ama definirsi semplicemente cuoco e oste – Filippo La Mantia, si barrica sull’altra sponda. Quella delle aperture forzate in risposta alle chiusure coatte. E commentando la protesta dei 1200 ristoratori, asserisce: «Pieno sostegno e condivisione della scelta dei ristoratori che protestano e apriranno ad oltranza. Io ho chiuso il ristorante, ma se fossi stato aperto, non posso nemmeno pensare cosa avrebbe significato pagare i debiti. Gli affitti. Avere l’angoscia di non sapere come andare avanti. Quindi sono accanto a tutti loro. Lo dico ad alta voce».
«Il nostro settore è stato tagliato fuori da tutto, senza pietà»
La Mantia è sul fronte contrapposto a quello di Vissani. E in un colloquio con l’Adnkronos dichiara apertamente di condividere la scelta dei 1200 ristoratori di tenere aperti i loro locali. «Perché –spiega il professionista siciliano – mi metto nei panni dei miei colleghi, amici. Imprenditori. Bar. Osterie… e mi rendo conto che questa cosa è stata gestita malissimo –incalza La Mantia –. Credo che ormai il governo abbia talmente somatizzato queste misure, che le adozioni ad oltranza sono considerate normali. Io sono per l’osservanza della legge. Ma qui non ci si rende conto che dietro ci sono crisi. Fallimenti. Chiusure e disperazione. Ci sono una serie di attività che non ha subito nessun calo: supermercati, chi li rifornisce. Mentre i ristoranti e i bar sono stati tagliati completamente fuori. Senza pietà».
«Bisognava fare una sorta di Nas per capire chi poteva restare aperto, e chi no»
Poi prosegue: «L’ho sempre detto. Bisognava fare una sorta di Nas per capire chi poteva restare aperto, e chi no», dice lo chef. Che passa poi a illustrare la sua situazione. «Io per ora mi sto vivendo questa storia indirettamente, perché ho avuto la grande consapevolezza, forse pazzia, di chiudere il ristorante. Faccio il delivery per restare accanto ai clienti. Per dare uno stipendio ai quattro ragazzi che lavorano con me. Sto lavorando, ma economicamente parlando, alla mia persona non entra assolutamente niente. Vivo alla giornata, insomma. Sperando che la situazione si risolva»… In un modo o nell’altro. Chiusure o aperture forzate, comunque...