Recovery Plan, la denuncia di Mollicone (FdI): «Dal governo consulenze a società straniere»
«McKinsey, una società straniera, ottiene una consulenza per l’analisi di impatto. Il governo dei migliori chiamato per scrivere il Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza fa peggio di Conte e affida valutazioni chiave a tecnici senza responsabilità». È dura la presa di posizione del deputato Federico Mollicone, responsabile “Innovazione” di Fratelli d’Italia. Non è la prima volta che il Recovery Plan (nome inglese del Pnrr) finisce nel mirino dell’opposizione. Già in passato erano emerse vistose incongruenze rispetto ai settori finanziati. Tanti i soldi all’obiettivo della parità di genere, pochi quelli messi a disposizione della sanità.
Mollicone contro l’incarico alla Mckinsey
Una beffa, dal momento che il suo vero obiettivo e contrattare gli effetti del virus sull’economia. «La scelta di affidarsi a una società straniera – prosegue l’esponente di FdI – dimostra, ancora una volta la volontà di trattare il Parlamento come un passacarte». In effetti, come spiega lo stesso Mollicone, «tutti i poteri sul Piano Nazionale, infatti, risultano accentrati in capo al ministero dell’Economia». In più, c’è una specifica task force, con anche il coinvolgimento di una società privata». Si tratta, a giudizio del parlamentare, di un andazzo che non può proseguire oltre. «Dopo che il Parlamento avrà dato l’indirizzo per i progetti e le modalità di spesa – osserva Mollicone – La Pubblica amministrazione italiana ha già tutti gli strumenti e le migliori risorse».
«Il Parlamento non è un passacarte»
Non risultano quindi chiare, una volta acclarato il possesso delle giuste competenze in capo alla burocrazia italiana, il ricorso ad una sigla fuori dai confini nazionali. «Affidarsi a una società straniera è un esproprio di sovranità nazionale. Presenterò – annuncia Mollicone – un’interrogazione per chiedere chiarezza sulla governance e sull’attribuzione di questa consulenza a McKinsey». L’esponente di Fratelli d’Italia ha infine ribadito che «il Parlamento deve essere centrale nella riscrittura del Piano Nazionale». E che lo stesso deve contenere più fondi «per settori come innovazione, cultura, sport ed editoria».