Sylos Labini anticipa al “Secolo” lo spettacolo su Palamara: “Le toghe rosse meglio di Shakespeare”
Edoardo Sylos Labini porterà in teatro Il Sistema, il libro intervista di Alessandro Sallusti al magistrato Luca Palamara sugli intrecci tra magistratura italiana e politica. In questa intervista al Secolo d’Italia racconta come è nato il progetto. E fornisce anche qualche anticipazione non solo sulla versione teatrale, ma anche su quella per il cinema.
Edoardo Sylos Labini, innanzitutto, che ne pensano Palamara e Sallusti della sua idea?
“Sallusti sapeva della mia intenzione di acquistare i diritti del libro, è stato entusiasta fin da subito. Dopo averlo letto, infatti, l’ho chiamato per dirgli che sarebbe stata un’opera teatrale perfetta. Invece non ho ancora avuto modo di sentire Palamara ma sono certo che troveremo il modo per coinvolgerlo nella costruzione dello spettacolo”.
Da Nerone e D’Annunzio a Palamara. Verrebbe da dirle la battuta: “Come siamo caduti in basso”. Al di là delle ironie, nella figura di questo magistrato vede qualche spunto drammaturgico da alta letteratura?
“Non è nella sua figura che vedo alta letteratura ma negli intrighi di Palazzo, nei tradimenti, nelle guerre fratricide per la conquista del potere che vengono raccontati nel libro. E come certi processi abbiano influito e tuttora influiscono sulla politica e sulla storia dell’Italia degli ultimi venti anni. Ci sono tutti gli ingredienti tipici del dramma shakespeariano. Credo che il Giulio Cesare, alcuni dei protagonisti del Sistema, lo sappiano a memoria”.
Ogni idea artistica nasce da un’urgenza. Qual è l’urgenza di questo progetto?
“Di fare luce su quello che è successo nel nostro Paese in questi anni, di raccontare la verità. Perché noi italiani dobbiamo tornare a credere nella Giustizia e in tutti quei magistrati che fanno un lavoro straordinario in silenzio, senza appartenere a correnti e senza manie di protagonismo”.
Il tipo di teatro di denuncia è solitamente appannaggio della tradizione di sinistra. Come mai proprio il teatro per raccontare vicende che sembrano così lontane dal palcoscenico?
“Il teatro civile in Italia ha sempre raccontato solo la prospettiva di una parte politica ideologizzata, imponendo un punto di vista unico, sempre lo stesso, un teatro quasi partigiano. Uno spettacolo di teatro civile invece deve raccontare storie vere, limitandosi ai fatti, senza esprimere giudizi. Sarà il pubblico poi a farsi un’opinione. Il teatro con la sua verosimiglianza dalla realtà può segnare, con maggiore profondità, l’animo di uno spettatore e aiutarlo a capire la complessità della vita”.
Se Palamara fosse un personaggio dei classici del teatro, chi sarebbe?
“Il protagonista di Corruzione a Palazzo di Giustizia, un illuminante testo del 1944 di Ugo Betti”.
C’è qualche passaggio del libro che l’ha fatta sobbalzare, indignare o comunque scuotere emotivamente in modo particolare?
Bene o male dell’attacco giudiziario per far cadere Berlusconi ne parlavano tutti, anche se la sinistra ha sempre negato. Tutto quello che succedeva, e forse succede anche oggi, veniva e viene pianificato a tavolino dalle correnti di sinistra della magistratura che avevano – e tuttora hanno – il compito di far saltare con ogni mezzo i governi di centrodestra. Poi mi ha colpito la morte di Loris D’Ambrosio”.
Lei è impegnato anche in campo editoriale con una rivista. Secondo lei perché la vicenda Palamara deve travalicare la cronaca ed entrare nel campo artistico e, nello specifico, teatrale?
“CulturaIdentità è il movimento che ho fondato tre anni fa insieme all’omonimo mensile: credo profondamente che l’arte e la cultura siano il mezzo più potente per raccontare la realtà e offrire agli altri una visione della società a tutti i livelli. Cosa che – ahimè- la destra dal dopoguerra non ha mai capito”.
Ha comprato i diritti solo per il teatro o sta facendo un pensierino anche per un adattamento in stile fiction televisivo o cinematografico?
“Sono uomo di teatro, il palco è la mia casa. Per il cinema, credo che i diritti se li sia assicurati Barbareschi: avrebbe voluto anche quelli teatrali ma l’ho proceduto”.
Sylos Labini, lei ha notato oltre a Palamara, altri personaggi della cronaca recente che le stuzzicherebbe mettere in scena?
“Mi affeziono a una storia alla volta. Sono monogamo. Ma solo in teatro!”
A suo avviso, l’informazione italiana ha giornalisticamente coperto al meglio i fatti relativi al caso Palamara? E se non è avvenuto, qual è la ragione?
“Lei pensa che i giornaloni di sinistra scriveranno mai una riga dello spettacolo? Non lo hanno fatto con il libro, sappiamo come vanno le cose in Italia. Ci si divide in fazioni, in una guerra ideologica perenne dove nemmeno l’onore delle armi è consentito”.
Nel libro di Palamara c’è uno spazio ampio dedicato al presidente emerito Giorgio Napolitano. Secondo lei potrebbe essere un personaggio artisticamente interessante?
“Ho detto che mi ha colpito la fine di D’Ambrosio, uomo molto legato a Napolitano. E’ un mondo pieno di ombre, di intrecci e rapporti personalissimi. Per chi ama i generi thriller e giallo ci sono tantissimi spunti”.
A che punto siete sulla realizzazione del copione?
“Vi lascio un po’ di curiosità, dovrete aspettare la prima”.
Il magistrato Cantone ha specificato l’intercettazione di Palamara a cena con le rispettive mogli e con il procuratore Pignatone non è stata effettuata perché erano sicuri che non avrebbe detto nulla di compromettente. Da drammaturgo che ne pensa? Ha pensato di sceneggiare quella parte sfuggita persino ai Trojan?
“Anni fa volevo portare in scena La Vite degli Altri, lo straordinario film sulla Stasi e sul clima da inquisizione della DDR che vinse l’Oscar nel 2006. Del resto, la scuola politica di molti protagonisti del Sistema è proprio quella, ha la stessa matrice ideologica anche se naturalmente un pò all’italiana, con le raccomandazioni per piazzare qualche parente o per avere un biglietto gratis per un posto allo stadio. Le storie si ripetono, è il brutto dell’essere umano”.