Vaia: «Vi spiego come produrremo lo Sputnik. Si vada oltre burocratismi e ideologie»
Mettere da parte gli interessi «industriali e politici», andare oltre «la logica della geopolitica e del brevetto» e pensare solo «al bene comune». È la missione della scienza ricordata dal direttore sanitario dello Spallanzani, Francesco Vaia. Parole che però suonano anche come un monito alle istituzioni, perché sgomberino il campo da ogni resistenza possibile intorno al vaccino russo Sputnik, che, ha ribadito Vaia, il Lazio sarebbe in grado di produrre. «Se ci sono dei vaccini che funzionano non vedo perché non possiamo utilizzarli», ha avvertito, tornando a sottolineare la necessità di «correre, correre, correre» con la campagna vaccinale.
«All’Ema dico: fate i controlli, ma non perdete tempo»
Il direttore sanitario dello Spallanzani, in una intervista a Libero, ha ricordato che lo Sputnik viene già impiegato in diverse parti del mondo, con risultati che parlano di una «produzione di anticorpi neutralizzanti nel 100% dei casi». Vaia ha ribadito che «in Europa l’autorizzazione dell’Ema è necessaria, e in Italia spetta all’Aifa, ed è giusto così, anche perché i cittadini hanno il diritto di sentirsi tranquilli». Ma «non si può più perdere tempo», ha sottolineato Vaia, che con lo Spallanzani è impegnato anche nella sperimentazione del vaccino italiano Reithera. «Abbiamo terminato la fase 1 e i risultati sono incoraggianti: auspichiamo sia così anche per la fase 2 e 3», ha chiarito, spiegando che potrebbe essere disponibile «tra settembre e ottobre, se non ci saranno intoppi. Intanto continuiamo a dire all’Ema: “Fate i vostri controlli, ma non perdete tempo”».
Vaia: «Così produrremo lo Sputnik nel Lazio»
Proprio dalla necessità di non perdere tempo nasce l’iniziativa, promossa proprio da Vaia, di contattare l’istituto russo N. Gamaleya per produrlo in Italia, nel Lazio. Contatti che si sono svolti «per le vie ufficiali, attraverso il canale diplomatico», per evitare «qualsiasi problema dato che in Italia c’era troppo pregiudizio, e in parte c’è ancora». Tecnicamente nulla osta alla possibilità di produrre lo Sputnik in Italia, sia per la disponibilità «immediata» delle aziende del territorio che hanno le strutture adatte, sia per quella del Fondo russo di investimento che ha finanziato il vaccino a mettere a «disposizione le tecnologie necessarie come ha fatto in India, Brasile, Cina e Corea del Sud». Dunque, a Vaia «non risultano» le difficoltà tecniche di cui hanno parlato alcuni esperti qui da noi.
L’appello: «Andare oltre burocratismi e ideologie»
«Ci sarebbero tutti gli elementi per cominciare subito. D’altronde – ha ricordato – il Lazio rappresenta il 70% dell’attività produttiva farmaceutica italiana». C’è invece il fatto che «dobbiamo attendere il nulla osta delle Agenzie di controllo». Vaia ha confermato la validità della procedura, ma ha ribadito che «la scienza è neutra. Se una scoperta è valida sulla base dei dati, non perché lo dice uno Stato piuttosto che un altro». Il cronista di Libero quindi gli ha chiesto conto di quell’avvertimento sul fatto che «”c’è qualcuno che auspica e lavora perché la pandemia non finisca mai”. A chi si riferiva?». «Volevo dire che è fondamentale andare oltre i burocratismi e le ideologie», ha chiarito l’esperto, ricordando poi che ha «sempre combattuto perché si superasse la logica della geopolitica e del brevetto, che infatti Mosca metterà a disposizione. La scienza dev’essere sempre neutra, impermeabile agli interessi industriali e politici».
Tra Spallanzani e russi «collaborazione fondamentale»
Dal punto di vista operativo, per la produzione dello Sputnik sul nostro territorio, «noi analizzeremo la qualità del prodotto. Faremo un lavoro tecnico. Dopodiché ci metteremo a disposizione. Vogliamo dare un’accelerata alla vaccinazione. In Italia saremmo in grado di farne centinaia di migliaia al giorno, senza le dosi dalla pandemia non si esce». Per arrivare alla produzione ci vorrebbero «pochi mesi», con un vantaggio a livello internazionale sul fatto che in Italia lo Sputnik potrebbe essere anche testato per le varianti. «È uno degli aspetti più importanti della nostra proposta di collaborazione scientifica, perché Gamaleya – ha chiarito Vaia – non ha potuto isolarle, soprattutto quella brasiliana e sudafricana. Praticamente non esistevano da loro. Lo Spallanzani sì, ed è per questo che si tratta di una collaborazione scientifica fondamentale».