Via dal dizionario le declinazioni trash di “donna”: l’assalto di Boldrini, Murgia&co. alla Treccani

5 Mar 2021 17:53 - di Ginevra Sorrentino
lettera Boldrini e Murgia alla Treccani

Via dal dizionario le declinazioni trash di “donna”: la crociata dem di Boldrini, Murgia e compagne in una lettera alla Treccani. Con una lettera firmata da 100 personalità illustri del mondo della politica e dell’Istruzione, le attiviste dem insorgono contro la Treccani. Con una petizione che chiede di eliminare i «riferimenti sessisti» impliciti nelle declinazione della parola “donna” presenti nella versione online dello storico vocabolario dell’enciclopedia. Una crociata anacronistica che inneggia alla cancel culture e all’ideale di una neolingua “ripulita” nella forma, ma che non risolve il problema etico della sostanza contenutistica. Un restyling accademico di cui crediamo la maggioranza della rappresentanza civile rosa non senta probabilmente un bisogno impellente. E che rischia di inficiare una battaglia, quella sì, ben più importante, combattuta sul fronte dei contenuti. Della delegittimazione. Delle disparità di genere.

La crociata dem di Boldrini, Murgia e compagne in una lettera alla Treccani

Con l’Italia in ginocchio per la pandemia e la crisi economica, incredibile ma vero, c’è una folta rappresentanza di donne che contano intente a fare le pulci alla Treccani. La crociata è sempre quella ingaggiata con furore anti-sessista dalle paladine delle vestali in difesa di definizioni e neologismi, finiti puntualmente sotto la lente deformante della battaglia politicamente corretta tipica della cancel culture. E così, in una lettera aperta pubblicata da la Repubblica, corredata dalle firme di un centinaio di colleghe, l’attivista Maria Beatrice Giovanardi  indirizza all’Istituto dell’Enciclopedia Italiana formale richiesta di eliminare « i riferimenti sessisti »che compaiono nel sinonimo della parola “donna” nella versione online dello storico vocabolario.

La lettera alla Treccani della Giovanardi: ecco chi sono le firmatarie oltre a Boldrini e Murgia

Un coro di voci rosa tuona contro la voce donna e le sue deprecabili degenerazioni al femminile. Ben 100 personalità ascrivibile al mondo della politica e dell’Università. Come Giuliana Giusti, professoressa in glottologia alla Ca’ Foscari. Marica Calloni, professoressa di Filosofia politica della Bicocca. Elena Ugolini, preside già sottosegretario all’Istruzione del governo Monti. L’ex presidente della Camera Laura Boldrini, accanto alla scrittrice Michela Murgia. Un parterre de la reine (tanto per rimanere sul pezzo), a dir poco blasonato. Che prova a dare voce alla protesta linguistico-culturale, tuonando contro definizioni e riferimenti ipertestuali che, a detta delle scriventi, nella loro declinazione al femminile sarebbero imputabili di significati e rimandi a dir poco offensivi.

In una lettera all’enciclopedia la crociata politically correct di Boldrini, Murgia&co.

Di contro, sottolineano le firmatarie della missiva, «l’uomo è definito come “essere cosciente e responsabile dei propri atti”. “Uomo d’affari”, “uomo d’ingegno”. “Uomo di cuore” o “uomo di rispetto”», etc… Così come, prosegue il prestigioso cahiers de doleances, «brilla per assenza qualunque espressione positiva che raffiguri la donna in modo altrettanto completo e aderente alla realtà. Come per la definizione di uomo: donna d’affari, donna in carriera», etc… Non solo. Nnella rivendicazione linguistica, le attiviste impegnate sul fronte della battaglia lessicale, rilevano altresì «l’assenza sotto la voce “uomo” di parole quali “uomo violento”. “Uomo poco serio”. “Orco”. “Ometto”. “Omaccio”. “Omuccio”. “Gigolò”». Un dettaglio di non poco conto, che le 100 illustri rappresentanti dell’altra metà del cielo, sottolineano come errore in rosso. Anzi, letteralmente, come «un’incongruenza, se non addirittura una discriminazione, a fronte del “dovere di registrare” e descrivere il “patrimonio lessicale italiano” che la Treccani rivendica nel giustificare le sue scelte».

La lettera firmata da 100 personalità femminili del mondo della politica e dell’Università

Una crociata in punta di fioretto e vocabolario sguainato come un’arma letale, a cui la Treccani ha risposto già in passato. Accademicamente piccata con i fanatici per politically correct applicato a un progressismo d’antan, e oggi a un femminismo à la page, forse davvero datati. E comunque scollegati dalla realtà che denuncia al momento ben altre priorità. Necessità passate in secondo piano già nei mesi scorsi, quando in una sapiente lezione data ai buonisti militanti, la Treccani rispose a chi via social chiedeva di rimuovere dal suo vocabolario l’espressione «lavorare come un negro». Una lezione di stile – e non solo grammaticale – che risuonò come uno schiaffo al buonismo e al politicamente corretto branditi come armi letali, com’è tipico di certa sinistra “impegnata”.

La replica dell’enciclopedia su una questione analogo da qualche settimana fa

Come riporta Il Giornale in un servizio sul tema, allora, «poche settimane fa una giornalista della Reuters aveva provato a bacchettare l’enciclopedia Treccani “colpevole” – a suo dire – di riportare nel suo vocabolario un’espressione dal tono razzista come “lavorare come un negro”. Chiedendo su Twitter alla stessa enciclopedia di rimuovere l’espressione. La risposta della Treccani è stata da manuale. Un colpo a segno contro la neolingua politicamente corretta e la cancel culture. “In un dizionario – chiariva l’enciclopedia – non è soltanto normale ma è doveroso che sia registrato il lessico della lingua italiana nelle sue varietà e nei suoi ambiti d’uso. Dall’alto al basso, dal formale all’informale. Dal letterario al parlato, dal sostenuto al familiare. E anche al volgare».

Una risposta da manuale, uno schiaffo alla cancel culture e al femminismo d’antan

«Il dizionario, prosegue la Treccani, “registra quanto viene effettivamente adoperato da parlanti e scriventi. Non siamo in uno Stato etico in cui una neolingua “ripulita” rispecchi il “dover essere” virtuoso di tutti i sudditi. Il dizionario ha il compito di registrare e dare indicazioni utili per capire chiaramente in quali contesti la parola o l’espressione viene usata. Starà al parlante decidere se usare o non usare una certa parola. Se esprimersi in modo civile o incivile». Un concetto sempre verde, declinabile anche alla disputa sul termine  “donna”. Su cui riteniamo non serva davvero aggiungere altro.

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