Virus cinese, macché… la macchina della propaganda in Cina vuole far dimenticare Wuhan

26 Mar 2021 20:17 - di Adele Sirocchi
Cina virus cinese

Virus cinese, ma quando mai… La Cina vuole far dimenticare tutto. Una inchiesta di Le Monde racconta come la Cina si stia impegnando in una “potente campagna di propaganda statale, i cui contorni completi non sono ancora noti” per far scordare all’opinione pubblica che proprio a Wuhan è iniziato l’incubo del Covid che si è poi allargato all’intero pianeta.

La Cina ritarda le informazione sul virus e il mondo ne paga le conseguenze

A Ginevra, l’Organizzazione mondiale della sanità (OMS), causa i ritardi nelle informazioni da parte della Cina, attenderà tre mesi per annunciare al mondo che una micidiale polmonite da coronavirus minacciava l’umanità. Solo Donald Trump ha avuto il fegato di denunciare le complicità tra Cina e Oms nel denunciare il diffondersi del virus.

Gli esperti Oms a Wuhan nel gennaio 2021 per indagare sul virus cinese

I tredici esperti dell’Oms portati a Wuhan per indagare nel gennaio 2021 sulle origini del virus hanno operato in condizioni molto difficili. Si ritroveranno “inquadrati in riunioni assieme a 30-60 funzionari cinesi”, alcuni dei quali non sono né scienziati né medici. “La politica era sempre nella stanza, dall’altra parte del tavolo”, ha detto il capo della delegazione internazionale, Peter Ben Embarek.

La teoria del pangolino non ha avuto verifiche scientifiche

“In Cina- racconta Le Monde la comunità scientifica si è subito posta al servizio della strategia del regime. Il 7 febbraio 2020, l’influente rivista scientifica Nature riprende le rivelazioni di una conferenza stampa organizzata dalla South China University of Agronomy di Canton. Nei pangolini individuato un virus identico al 99% a SARS-CoV-2. L’informazione non era stata ancora oggetto di una pubblicazione scientifica, ma stava viaggiando velocemente per il mondo, trasportata dalle immagini del mammifero. Un anno dopo, la pista era svanita nei circoli scientifici.

“La teoria del pangolino aiuta simbolicamente la Cina: gli animali erano stati sequestrati dalla dogana cinese nella primavera e nell’estate del 2019 e provenivano dalla Malesia. Pechino era stata, insomma, la prima vittima di un virus arrivato sul suo territorio dalle foreste dell’arcipelago malese, attraverso il contrabbando. Un team di biologi e veterinari malesi stabilirà nell’autunno del 2020 che, dopo aver analizzato campioni prelevati da oltre 330 pangolini, non era stata rilevata alcuna traccia di coronavirus”.

In Cina disinformazione in stile sovietico

La campagna di disinformazione della Cina trae spunto dai metodi sovietici degli anni ’70 e ’80.  Una parte di questa operazione globale si è svolta dal 21 febbraio al 23 marzo 2020. Il suo messaggio – “L’esercito americano ha prodotto il coronavirus a Fort Detrick e ha contaminato la Cina durante i Giochi militari di Wuhan in ottobre” – è stato rilanciato dal portavoce del ministero cinese degli Affari esteri in persona, Zhao Lijian. La versione cinese può contare su una rete specifica di 1.200 account Twitter, YouTube o Facebook.

La Cina e la crescita economica

Nel frattempo la Cina celebra la sua rinascita economica. Il 27 gennaio il quotidiano South China Morning Post (SCMP) sottolinea che la Cina è l’unica grande economia ad aver registrato una crescita positiva del Pil nel 2020 nonostante la devastante pandemia.  Stando all’ultimo aggiornamento del rapporto “World Economic Outlook”, il Fondo prevede che l’economia cinese crescerà dell’8,1% nel 2021, a fronte di una ripresa globale parziale e irregolare.

 

 

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