Atto d’accusa di un sociologo: regime contro i bianchi non pentiti. Per loro pena di morte sociale
Il suo è un libro che in Italia difficilmente vedrà una casa editrice pronta a tradurlo. Stiamo parlando del saggio del sociologo canadese Mathieu Bock-Côté, La révolution racialiste. Un libro di cui fornisce alcune anticipazioni a Le Figaro. La notizia è rilanciata dalla newsletter del giornalista Giulio Meotti, che monitora costantemente il dibattito delle idee in Francia e che definisce Mathieu Bock-Côté “l’intellettuale canadese più ascoltato nelle due sponde dell’Atlantico”. Il suo libro L’impero del politicamente corretto ha avuto un lettore d’eccezione, il premier canadese Legault.
Pena di morte sociale per chi non si adegua
Ecco come spiega chi sono i “razzialisti”, nuovo nome che viene dato all’antirazzismo, al movimento woke, alla cancel culture e ai tic vari del politicamente corretto e della neolingua addomesticata: “Questo movimento si è radicalizzato razzializzandosi e riducendo sempre più la vita politica e sociale a un fantasticato conflitto tra ‘bianchi’ e ‘razzializzati’: i primi dovrebbero acconsentire all’abolizione dei privilegi, i secondi sono invitati a rivendicare la coscienza razziale. Se parlo del ‘1793’ è perché il regime sta mostrando sempre più apertamente una tentazione totalitaria. La pena di morte sociale è riservata agli oppositori del regime: i linciaggi prendono vita sui social per rovinare la reputazione di chi non abbraccia le nuove categorie ideologiche di tendenza”.
L’ideologia razzialista si salda con il capitalismo
Questa ideologia si salda con il capitalismo. “Oggi in Nord America, le grandi aziende stanno imponendo campagne di rieducazione ai dipendenti, esortati a confessare il ‘privilegio bianco’ e a pentirsi. Può dare vita a una società liberticida e conflittuale”. I gruppi razzialisti e decoloniali cercano di trarre profitto dai cambiamenti demografici determinati dall’immigrazione di massa in Europa: “Credono di avere una base sociale per agire. Il loro obiettivo è creare un sentimento di alienazione tra le popolazioni di origine immigrata e costruire una coscienza razziale rivoluzionaria”.
Anche le persone comuni alla fine useranno un linguaggio manipolato
Come ogni rivoluzione, finirà per imporsi anche su chi non si sente oggi toccato da questa follia. “Le persone comuni – avverte infatti Mathieu Bock-Côté – che non sono necessariamente interessate a questi concetti, si ritroveranno a usare questo linguaggio. Siamo di fronte a una vera e propria manipolazione del linguaggio che ci fa cadere in un universo fantasticato dal quale non riusciamo più ad uscire”.
Ma Bock-Côté invita a non capitolare, a resistere. “Manteniamo vivo un certo patrimonio di civiltà. Questo è il ruolo degli uomini e delle donne del nostro tempo. Non possiamo più accontentarci di opporci al regime in nome del buon senso, dobbiamo sapere in nome di ciò che stiamo combattendo. E’ il nostro diritto alla continuità storica, come popoli e come civiltà”.