Boom del lavoro nero. Cgia: le chiusure ingrossano l’esercito di irregolari, imprese sul lastrico
Boom del lavoro nero. Complice la gravissima crisi economica accentuata dalla pandemia. Che ha provocato una perdita di circa 450mila posti di lavoro. Un fenomeno purtroppo destinato a crescere. Lo segnala l’Ufficio studi della Cgia di Mestre.
Cgia: le chiusure alimentano il lavoro nero
Con le chiusure imposte nelle ultime settimane, “a tanti di questi disoccupati si sono aggiunti molti addetti del settore alberghiero. E della ristorazione. E altrettante finte parrucchiere ed estetiste. Che quotidianamente si recano nelle case degli italiani. A esercitare irregolarmente i servizi e le prestazioni più disparate” sottolinea una nota. Per la Cgia la decisione del governo Draghi di chiudere in zona rossa il settore benessere è “immotivata”. Non risulta che in nessuna parte del Paese si siano verificati dei focolai di contagio presso queste attività.
Un numero di invisibili di oltre 3 milioni prima del Covid
Un numero di invisibili difficilmente quantificabile. Secondo gli ultimi dati stimati qualche anno fa dall’Istat, quindi ben prima dell’avvento del Covid, i lavoratori in nero presenti in Italia erano già molti. Circa 3,2 milioni, sottolinea la Cgia. Il tasso di irregolarità è del 12,9 per cento. E tutte queste persone producono un valore aggiunto in nero di 77,8 miliardi di euro. Secondo l’associazione nei prossimi mesi, purtroppo, la situazione è destinata a peggiorare.
Un fenomeno destinato ad aumentare
“C’è il pericolo che il numero dei senza lavoro aumenti in misura importante. Con lo sblocco dei licenziamenti previsti dapprima a fine giugno, per i lavoratori felle Pmi e nelle grandi imprese. E in autunno, per i lavoratori nelle micro e piccolissime aziende. Non meno impattante è l’effetto chiusura imposto dal governo nelle ultime settimane. A bar, ristoranti, negozi, massaggiatori, parrucchieri e centri estetici.