Ddl Zan, la Pascale contro il “no” di FI. Ed è scontro su Instagram con l’azzurro Malan
S’illudeva chi pensava che la fine dell’amore (ma non dell’amicizia) con il Cavaliere avesse per sempre allontanato Francesca Pascale dalle latitudini forziste. Non è così. La leonessa napoletana è sempre in agguato sui social e, appena può, non rinuncia a sferrare la zampata letale. Ne sa qualcosa Lucio Malan, parlamentare di lunghissimo corso, cui la leader di Silvio ci manchi non ha perdonato un intervento contro la legge Zan sull’omotransfobia. «Sul serio non prova imbarazzo a pensarla così? Ma lei sa in che partito è iscritto? La ricorda la Carta dei valori? Io sì, e sui diritti umani Forza Italia ha sempre lasciato il libero arbitrio, libertà di coscienza sul voto», ha sbottato la Pascale.
La Pascale: «Deriva leghista»
Una vera reprimenda, la sua, condita coi consueti ingredienti del politically correct. Diciamolo pure, la solita solfa a base di «diritti che si aggiungono e non si tolgono» e quindi «di buon senso contro la violenza». In poche parole, l’armamentario tipico di chi il ddl Zan non l’ha letto o, se lo ha letto, non lo ha capito. Prova men sia che Malan, che rispondeva su Instagram ad un utente, aveva addotto critiche di merito alla legge in discussione al Senato. «Ma sai che cosa c’è dentro il ddl – aveva chiesto -? Fino a quattro anni di carcere a chi anche solo faccia parte di una organizzazione – ad esempio una chiesa – che si opponga all’accreditamento delle associazioni Lgbt nelle scuole, cosa prevista nella “strategia anti-discriminazione” approvata dall’articolo 8».
Ma replica del forzista è vincente
Una critica in nome della libertà che mai il parlamentare immaginava potesse accendere un botta e risposta con la Pascale. Che a riprova di non essere più quella di una volta, ha finito per esporsi al contropiede dell’interlocutore. «È sicuro di far parte del partito giusto?», ha chiesto prima di bollare come «deriva leghista» il “no” al ddl Zan. «Posizioni del genere – ha concluso – hanno fatto perdere il 30 per cento di voti al partito». Voleva essere il colpo del ko, e invece si rivelato un boomerang. «In realtà – ha replicato infatti Malan -, in parallelo al calo dei voti di FI c’è stato un aumento di quelli di Lega e FdI. Sarebbe strano che gli elettori ci lasciassero perché siamo troppo conservatori per poi votare per chi è ancora più conservatore di noi…». Già, più logico di così.