Giorgetti come Fini. I fedelissimi del Capitano temono il complotto: “Matteo, quello ti frega…”
Nella Lega pare che gli spifferi contro Giorgetti stiano diventando cicloni. Ne scrive Il Foglio, sostenendo che i fedelissimi del Capitano gli sussurrano all’orecchio un avvertimento: “Guarda Matteo che Giorgetti sta facendo come Fini. E indovina chi è Berlusconi?”. I due si parlano poco, anzi per niente.
Il Foglio: Salvini e Giorgetti ormai non si parlano più
“Rapporti ridotti al minimo – scrive Il Foglio – ambasciatori in azione, rispettive curve ben schierate. Dispetti e sgambetti, veleni & veline. Una separazione che è anche comunicativa: Matteo Pandini è rimasto a portare la voce del Capitano e Iva Garibaldi ora è in Via Veneto e maneggia i pesanti silenzi del ministro dello Sviluppo economico. Tutti i non detti e le smorfie degli ultimi due anni sembrano venire a galla in questo periodo“.
Il timore di un patto tra Giorgetti e Zaia
I salviniani ricostruiscono quella che secondo loro è la trama tessuta da Giorgetti. Innanzitutto fu lui a convincere Salvini dello strappo con il Conte 1 e a dirottare la Lega sulla linea del “con i grillini non si va da nessuna parte”. Una scelta poi rinnegata dallo stesso Giorgetti che ebbe a dire: “Matteo ha sbagliato i tempi e i tempi in politica sono tutto”. Poi c’è quel: “Draghi è il nostro Cristiano Ronaldo“, che esplicita al meglio la scelta di Giorgetti. Tutto per Draghi, niente fuori dal perimetro di Draghi. E infine il sospetto: un patto tra Giorgetti e Zaia per una Lega diversa, una Lega non più di lotta ma di governo, che la faccia finita coi rosari, con le proteste di piazza, con i toni eternamente belligeranti. Zaia, pochi giorni fa, si è concesso anche qualche apertura sulla legge Zan. Altra mossa che ha insospettito le truppe salviniane.
Le truppe di Salvini: mancano risposte dal ministro dello Sviluppo sulle grandi crisi aziendali
Inoltre – ricorda Il Foglio – “gli eletti del Carroccio nel sud rimproverano al loro ministro dello Sviluppo economico la mancanza di risposte, o almeno di prospettive, per le grandi crisi aziendali: dall’ex Ilva a Taranto alla Whirlpool a Napoli. E Giorgia Meloni ringrazia. Quelli del Lazio, invece, dicono che su Alitalia Giorgetti ragiona ancora in chiave bossiana, pensando più a Malpensa che a Fiumicino. E Giorgia Meloni anche qui c’è. “Matteo, perché Giancarlo fa così?”. E anche qui seguono braccia aperte. Mastica e sputa, Salvini. Senza poter far nulla o quasi. Costretto a rispondere, per esempio, delle falle del governatore Attilio Fontana, un altro varesino, l’uomo di Giorgetti al Pirellone, poltrona rifiutata, a suo tempo, proprio dal numero due della Lega. Tutti questi fatti negli ultimi tempi prendono le sembianze dei fantasmi nella mente di chi è costretto a sostenere un governo, ma da fuori”.
Giorgetti come Fini?
Giorgetti come Fini, allora? Potrebbe essere, purché non si scomodi il tradimento. In uno stesso partito avere prospettive diverse non è un sacrilegio. E che quelle di Giorgetti siano, anche nello stile, differenti da quelle di Matteo Salvini non è certo una novità. Tutto chiaro e alla luce del sole. Così come è chiaro che senza il volto moderato di Giorgetti per la Lega sarebbe stato molto più difficile tornare a Palazzo Chigi