“Il tempo è scaduto, siamo sull’orlo di un disastro sociale”: il politologo analizza le nuove povertà
Le proteste dei ristoratori in tutta Italia va ascoltata, interpretata. Lo fa il politologo Giovanni Orsina, direttore della School of Government della Luiss, intervistato da Stefano Zurlo sul Giornale. In tv e sui maggiori quotidiani dietro il paravento delle “violenze” si è cercato l’alibi da parte della politica per non dare risposte. Il politologo ci aiuta invece a capire il particolare momento – tutt’altro che bello- che stiamo attraversando. Sembra di opinioni differenti di quando tempo fa dipingeva un altro quadro, agli albori del governo Draghi. E invitava FdI ad entrare in un governo di cui oggi non sembra tanto più convinto.
Il politologo analizza la rabbia delle piazze
Per spiegare le manifestazioni di protesta di questi giorni afferma: «Siamo in una fase delicatissima. Dopo un anno e passa di pandemia, l’uscita dall’incubo pare a portata di mano, sembra quasi di poterla afferrare e invece, ecco, tocca pazientare ancora. E allora chi ha un bar, una palestra o un negozio comincia a farsi sentire». Se in questi quattordici mesi gli italiani sono stati estremamente disciplinati, ora qualcosa sta cambiando. “C’è un problema di tenuta – dice Orsina- e qualcuno non ce la fa più. D’altra parte i ristori sono stati una goccia nel mare“.
Anche lui condanna senza appello gli errori del governo Conte che ci ha inguaiato dalla testa ai piedi. Per cui sconsolatamente afferma quel che tutti sostengono, che «Draghi non ha la bacchetta magica». Della serie: per i miracoli ci stiamo attrezzando. Ma questo non consola nessuno. Come venirne fuori è una parola: «L’estate ci ha dato una mano l’anno scorso, possiamo sperare che ci aiuti ancora». Un po’ poco.
Orsina: “Sull’orlo di un disastro sociale”
L’ottimismo sembra lontano dalla realtà che il professore analizza. «Siamo sull’orlo di un disastro sociale e sul bordo del cratere ci sono i negozianti, i commercianti, le partite Iva», leggiamo sul Giornale. Tocca il punto cruciale, che la pandemia ha fatto emergere: l’abisso che si è determinato tra categorie garantite e quelle non garantite. Quest’ultime sono coloro che definisce i “nuovi poveri”. «Una volta l’impiegato pubblico e il negoziante stavano sotto lo stesso ombrello politico – spiega». Ma ora “Si è aperta una frattura, mai più ricomposta, fra quelli che avevano uno stipendio sicuro, magari non elevatissimo, e gli altri liberi di guadagnare e magari pure di non battere qualche scontrino, ma esposti ai rischi e alle fluttuazioni del mercato».
La frattura tra garantiti e non garantiti
Oggi, secondo la lettura dello studioso, “i non garantiti sono almeno in parte i nuovi poveri che si radunano nelle piazze di Roma, bloccano le autostrade, accumulano rabbia e frustrazione”. Le ricette per rimediare non sono molte e se ci sono ci vedranno nel medio-lungo periodo. quel che si può fare ora per far ripartire il tutto e colmare l’abisso tra garantiti e non è «correre con i vaccini senza giochi da illusionisti. Draghi ha perfettamente ragione quando sostiene di non voler creare false aspettative. Non è che si può riaprire tutto senza prima mettere in sicurezza il Paese. Però questo equilibrio precario deve trovare un punto d’approdo a breve». Non c’è altra soluzione: la velocità, la reattività, che ieri sul piano vaccinale implorava Bassetti. Perché “il tempo è quasi scaduto, la gente non ne può più anche psicologicamente; e all’orizzonte si profila un altro momento drammatico”, avverte Orsina . «Quando arriverà, probabilmente in estate, il via libera ai licenziamenti l’Italia vivrà un’altra lacerazione del tessuto sociale». Non pare, a quanto afferma, che le “magnifiche sorti e progressive che il governo dei migliori lasciava intendere, lo convincano più di tanto.