Margherita Sarfatti tra arte e politica: ritratto della geniale promotrice culturale
Impaziente, volitiva, determinata a intervenire significativamente nel contesto culturale, la ventiduenne Margherita Grassini in Sarfatti, da Venezia si trasferisce a Milano con il coniuge nel 1902. La ragazza aveva già dimostrato di avere piglio e risolutezza, quando diciottenne contro l‘opinione della famiglia decise di sposare l’Avvocato Cesare Sarfatti. L’uomo non era considerato in casa Grassini positivamente. Era di religione ebraica come loro, socialista, più grande della futura sposa di circa dodici anni. Quest’ultimo dato, sommato al fatto che era ritenuta una persona di un livello sociale non sufficiente, erano gli elementi fondanti dell’atteggiamento sfavorevole della famiglia nei confronti di quell’unione.
Margherita Sarfatti: l’Arte e la politica
La coppia Sarfatti viveva a Venezia, città ove Margherita era nata l’8 aprile del 1880. La meravigliosa città della Laguna non si trovava al centro di grandi flussi di pensiero, o di ventate d’innovazione al passo con i tempi. Anzi, di fatto ai Sarfatti era proprio per questo diventata stretta. Trasferirsi a Milano – come progettavano di mettere in atto all’inizio del secolo- significava volersi trovare laddove tutti i fermenti, politici, artistici, culturali iniziavano a dispiegarsi. Il capoluogo lombardo si confermerà luogo ideale per dare opportunità e sostanza alle due grandi passioni di Margherita: la politica e l’Arte. Trova modo di coniugare le due cose cominciando a collaborare a “L’ Avanti della Domenica”.
Margherita Sarfatti a Milano: il salotto futurista
I coniugi Sarfatti frequentano assiduamente Filippo Turati e Anna Kuliscioff. Il loro tenore di vita, migliorerà nettamente grazie a quanto Margherita riceverà dall’eredità paterna. Tra i beni ereditati la Villa del Soldo sul Lago di Como. Per le incrementate disponibilità economiche ci fu la possibilità di trasferirsi dal più piccolo appartamento di Via Brera a quello più ampio e signorile di Corso Venezia. L’atmosfera di effervescenza che si respirava a Milano trovò piena conferma nel “ciclone Futurista”. Con la sua fondazione nel 1909. L’appartamento di Corso Venezia, diventerà il salotto delle rivoluzionarie istanze, di quei giovani artisti, che allo sguardo dei “passatisti benpensanti” apparivano solo un gruppo di giovanotti scapestrati.
Alternandosi, tra casa Marinetti, sempre in Corso Venezia, e casa Sarfatti si tenevano le riunioni Futuriste. Quindi la presenza di Marinetti, Russolo, Carrà e Boccioni. Tutti amici. Qualche lingua da pettegolezzo salottiero, sosteneva che nell’amicizia tra Margherita e Boccioni ci fosse qualcosa di più. Grande e duratura amicizia nacque con Ada Negri, tanto che in casa Sarfatti veniva chiamata “zia Ada”. Margherita oramai aveva trasformato la passione per l’Arte moderna in professione e ne scriveva abitualmente su l’Avanti della domenica.
L’incontro con Mussolini
Nell’ambiente del quotidiano, per le cose imponderabili della vita, la convinta sostenitrice di Turati si presenta al nuovo direttore Benito Mussolini, vincitore nei rapporti interni del Partito Socialista, per rassegnare le dimissioni: proprio per quei mutati rapporti di forza interni, ove la parte da lei sostenuta risultò essere sconfitta. L’incontro, nato sotto una cattiva stella, si trasformò in una storia d’ amore intensissima, dalle mille sfaccettature che durerà anni. Le fibrillazioni del tempo sia sotto un profilo politico che artistico si andavano accentuando. La Sarfatti diventerà una convinta Interventista. Scelta condivisa in famiglia. Tanto che, scoppiato il conflitto, il primogenito Roberto, volontario, perirà dopo essersi battuto valorosamente a neanche diciotto anni compiuti. Medaglia d’oro al Valore, sarà il più giovane assegnatario di quella onorificenza. Dolore che l’accompagnerà tutta la vita.
L’adesione al Fascismo
Politicamente la Sarfatti aderisce al Fascismo, fin dalla fondazione presente quindi alla manifestazione di Piazza San Sepolcro, del quale firmerà il Manifesto degli intellettuali. Nel 1922 prima della Marcia su Roma sarà nella cerchia ristretta dei collaboratori di Gerarchia periodico di diretta emanazione di Mussolini. Nel campo della promozione artistica dava vita a Novecento italiano. Movimento che ripristinando la consapevolezza della rilevanza fondante che aveva avuto nelle Arti il “400 e “500 italiano, auspicava di rinnovare nel secolo citato la centralità dell’opera degli Artisti nazionali. Il gruppo del Novecento italiano nasce nel 1922: erano sette pittori, dei quali ricordiamo Achille Funi, Mari Sironi, Ubaldo Oppi.
La biografia “Dux”
Alla prima uscita pubblica del gruppo con una Mostra nel 1923, il gruppo andò in ordine sparso, perché la Sarfatti teorizzò quella rassegna come atto di nascita di un Arte Fascista. Alcuni si defilarono. Ma a situazione politica stabilizzatasi, nel 1926 si aggregheranno artisti quali De Chirico, Campigli, Casorati, Morandi. Rimasta vedova nel 1924, cominciò a scrivere il libro che uscirà in Inghilterra con il titolo “The life of Benito Mussolini”. La scelta, di fare uscire il libro con quelle modalità, faceva parte della vincente strategia della Sarfatti di porre all’attenzione internazionale nella “giusta luce” il nuovo Primo Ministro italiano. Fu un successo sotto tutti i punti di vista. A cominciare da quello editoriale. Fu tradotto in 19 lingue con ristampe in Italia fino al 1982, dove uscirà con il titolo “Dux”.
Le leggi razziali
Diventò la consacrazione per la Sarfatti come eccellente stratega della promozione dell’immagine del Capo del Fascismo. Le peserà nel bene e nel male, per sempre. Il suo nome rimane storicamente assorbito nell’orbita della figura del capo del Fascismo. Invidie e gelosie nei suoi confronti si erano andate sommando nelle Gerarchie del Partito Nazionale Fascista, a cominciare da quella di Farinacci. Nonostante si fosse da tempo convertita al Cattolicesimo, avvertì la minaccia che poteva comportare la promulgazione delle inique leggi per la Difesa della Razza. Fece in tempo a espatriare. Il rapporto con Mussolini era oramai logorato.
Fece ritorno in Patria nel “47. Solo in tempi recenti le viene riconosciuto un grande talento, che spaziava dalla critica d’ arte, a quello di promotrice di eventi culturali. Fu acutissima nell’individuare le fonti dove palpitavano i battiti del cuore della modernità. Più di un cupo presagio aveva avvertito su quanto stava per avvenire sullo scacchiere mondiale alla fine degli anni ’30. Come una novella Cassandra, quanto paventato ebbe luogo nel modo più drammatico pensabile. Rientrata in Patria, si ritirò nella Villa il Soldo sul Lago di Como. Ci lascerà il 30 Ottobre 1961. Saranno necessari il trascorrere di almeno un paio di decenni, prima di poter vedere accendersi nuovamente l’attenzione su di lei, per i suoi meriti culturali. Come si dice “il tempo è galantuomo”. Anche con lei, lo è stato.