Obiettivo Quirinale in asse con FI. Per questo Letta e Conte spingono Salvini fuori dal governo
Governare l’emergenza Covid oggi guardando al Quirinale di domani. La partita è questa. Persino più importante, se vogliamo, dei circa 240 miliardi appostati nel Pnrr, meglio noto come Recovery Plan. A fine luglio scatena il semestre bianco, il periodo in cui il capo dello Stato non potrà più sciogliere le Camere, ed è presumibile che tra i partiti oggi a sostegno di Draghi si scatenerà il “rompete le righe“. In tal senso l’indiziato numero uno è Matteo Salvini, il più esposto nella modalità “di lotta e di governo“. Non l’unico, però. In maniera meno eclatante, c’è anche Enrico Letta. Diversamente non si spiegherebbe l’ardore del Pd, condiviso anche dal M5S, di far approvare il ddl Zan sull’omotransfobia.
Ddl Zan e migranti per innervosire il leghista
E neppure il “dai e dai” sui migranti icasticamente rappresentato dalla foto di Letta con addosso la maglietta di Open Arms, proprio alla vigilia del rinvio a giudizio di Salvini per vicende riguardanti quell’Ong. Punzecchiature mirate a creare l’incidente di confine, con la recondita speranza di vedere la Lega uscire dal governo per incompatibilità “ideologica” con il resto della maggioranza. Per Letta, come per Conte, sarebbe come vincere alla lotteria di Capodanno. In quel caso, infatti, Salvini rinculerebbe alla casella dell’opposizione già occupata da Giorgia Meloni. In più sconterebbe il distacco di Forza Italia, che mai rinuncerebbe a sostenere Draghi.
Letta e Giuseppi stessa ambizione
L’humus ideale, insomma, per bissare sul Quirinale il successo della “maggioranza Ursula” (Pd, M5S, FI) che due anni fa portò la Von der Leyen alla guida della Commissione Ue. La storia insegna che ogni per il Colle è necessario un regista. Nel 2015 fu Renzi. Ora Letta aspira a farlo lui. Ma anche Conte vuol essere della partita. E se il leader del Pd vanta una maggiore familiarità con l’obiettivo, Giuseppi ha dalla sua la leadership del partito di maggioranza relativa in Parlamento. Entrambi, inoltre, sono ex-premier. Ed è proprio qui che l’apporto – non solo numerico – di Berlusconi potrebbe rivelarsi decisivo. Prima, però, bisognerà staccarlo dal centrodestra. Letta soprattutto, ma anche Conte, lavorano solo a questo. Salvini lo tenga bene in mente.