Scuola, tutti in classe ma c’è una novità: si pensa a doppi e tripli turni per evitare “affollamenti”
Tutti in classe, o quasi, dal 26 aprile. Il ritorno a scuola in presenza per tutti gli studenti di ogni ordine e grado nelle zone gialle e rosse e per gli studenti fino alla terza media nelle zone rosse, dove alle superiori si potrà tornare nella misura del 50-75%, è stato salutato come «un messaggio di speranza e responsabilità» dal ministro dell’Istruzione, Patrizio Bianchi. Le criticità che hanno caratterizzato finora la scuola in presenza, però, restano tutte: dal sovraffollamento dei trasporti a quello delle stesse aule. E così i presidi hanno lanciato l’allarme sui rischi che si corrono, mentre il governo ha demandato a Uffici territoriali, Enti locali, tavoli prefettizi e stessi istituti la loro soluzione.
A scuola col problema dei trasporti pubblici
Su tutti grava la questione dei mezzi pubblici, che come emerso di recente anche da un intervento dei Nas sono luoghi in cui il virus circola eccome. Dunque, in cui si corre un rischio concreto di contagio, come confermato da membri di primo piano della comunità scientifica quali il direttore dell’Aifa, Giorgio Palù, e il primario di pneumologia del Gemelli, Luca Richeldi. Ancora ieri mattina, prima dell’annuncio delle riaperture, anche il direttore dello Spallanzani, Francesco Vaia, pur invocando tutte le riaperture all’aperto possibili, avvertiva sulla necessità di andare «avanti con la risoluzione del problema trasporti innanzitutto», soffermandosi poi sulla scuola.
L’allarme dei presidi: «I bus non sono in sicurezza»
La questione è stata posta anche dal presidente dell’Associazione dei presidi, Antonello Giannelli: «I trasporti pubblici non sono ancora stati messi in sicurezza», ha ricordato tra l’altro. Il premier Mario Draghi, però, nella conferenza stampa sulle riaperture, si è limitato a ricordare che ci sono 390 milioni di fondi stanziati e che il limite di capienza resta al 50%, rimandando poi a un successivo confronto con le Regioni. Insomma, a meno di un miracolo compiuto nel giro di una settimana, si torna a scuola esattamente come quando la si è lasciata.
Tutti in classe, ma a quali condizioni?
L’altro tema posto con forza dai presidi (e dal buon senso) è quello della capienza delle aule. «Non ci sono provvedimenti rispetto alla formazione delle classi e alla riduzione del numero degli studenti», ha sottolineato Giannelli, «guardando anche a settembre». Dunque, per il rappresentante dei presidi italiani, benché il ritorno in classe di tutti gli alunni sia «un auspicio condiviso», bisogna verificare «se esistano le condizioni tecniche e di sicurezza per poterlo fare».
Il governo non ha messo mano alle classi pollaio
All’inizio dell’anno mancavano all’appello circa 20mila aule, con una criticità concentrata soprattutto nelle superiori. Si tratta di un problema strutturale, quindi particolarmente critico, che incide fortemente sulla possibilità di un rientro in sicurezza. «Un gran numero di scuole in Italia, in particolare le superiori, non offrono come garanzia antivirus aule che permettano un adeguato distanziamento, nonostante il rispetto delle altre misure profilattiche (mascherine, lavaggio delle mani etc.)», ha chiarito fra gli altri dal rappresentante dei presidi del Lazio, Mario Rusconi, ricordando che «risultano classi che possono variare da 22 a 29/30 alunni, talvolta con la presenza di alunni disabili».
Non resta che pensare ai «terzi turni»
Rusconi ha spiegato che la riduzione del numero degli studenti in presenza finora ha attenuato il problema, che però sta a monte. A oltre un anno dallo scoppio della pandemia, infatti, «non hanno cambiato la norma che prevede una tale composizione numerica». Il risultato è che «rischiamo di tornare in classe con classi sovraffollate». Un discorso che vale già anche per settembre. E che vanifica anche la validità dei protocolli di sicurezza, che per altro sono sempre gli stessi di agosto: distanziamento di un metro almeno, mascherine, lavaggio delle mani, aerazione tra una lezione e l’altra. Dunque, non resta che rivolgersi ai “cari” vecchi turni pomeridiani. E, nel Lazio, l’Ufficio scolastico regionale ha già chiarito che punta ad «arrivare a un terzo turno».