Speranza fa le barricate per salvare la poltrona ma gli stanno preparando le valigie. Il retroscena
La sua poltrona traballa, pare sia diventato un peso eccessivo anche per Draghi, ma Roberto Speranza resiste a chi lo vorrebbe fuori dal governo per manifesta incapacità e danni multipli. Ostenta tranquillità, sulle questioni spinose fa scaricabarile da Vespa a Porta a Porta e si rifugia in corner: «È una battaglia politica e non mi scandalizzo», risponde agli attacchi. «Passo indietro? Assolutamente no». Fonti di Palazzo Chigi -come da rituale di fronte alle voci di dimissioni- smentiscono, dicendo che ogni ipotesi di incarico internazionale – come ieri ventilava il retroscena del Messaggero- Draghi non glieli avrebbe mai proposti.
Chi vuole buttare giù Speranza e chi lo difende
C’è chi fa muro a protezione del ministro della Salute, si legge in un retroscena del Corriere della Sera. Il Pd con Letta, il M5s con Patuanelli e D’Incà ripetono come un disco rotto come Draghi sia stato chiaro quando a Salvini ha detto: «Ho voluto io Speranza nel governo, ne ho molta stima». Un po’ come dire: 2Roberto stai sereno”. Ormai il caso è esploso e divide la maggioranza. Il leader della Lega Salvini “è scatenato contro il ministro che «vede solo rosso» e chiede prudenza sulle riaperture”. Sono sulla stessa lunghezza d’onda Renzi che invoca una commissione parlamentare d’inchiesta sugli errori commessi nella lotta alla pandemia. E c’è Maurizio Gasparri che dalle fila di Forza Italia cannoneggia contro gli errori gravi commessi da Speranza, invitato a «lasciare il campo per le chiusure ritardate e le decisioni sbagliate»; per i piani pandemici «non aggiornati o mancanti» e per l’inchiesta di Bergamo sul caso dell’Oms e di Ranieri Guerra.
Speranza si assolve e fa scaricabarile a Porta a Porta
Speranza resiste fino all’inverosimile risposta su questi nodi cruciali: «Non abbiamo competenze su questa materia – si chiama fuori a Porta a porta -. Ho piena fiducia nella magistratura». Ma tira una brutta aria per lui. Pietra dello scandalo il piano pandemico nazionale che era fermo dal 2006. Non solo: tiene banco la polemica sul libro ritirato del ministro. In cui affermava di avere sconfitto il covid attraverso una precisa idea di società di stampo comunista. Tanto è vero che l’ala più a sinistra del governo continua a smentire l’imminente addio di Speranza, dando la colpa alle altre forze politiche: «Vogliono che Roberto lasci perché il cambio di fase è vicino e la destra pretende di intestarsi l’uscita dalla pandemia», dice al Corriere un parlamentare di Leu, più voglioso di difendere l’indifendibile che affrontare le responsabilità degli errori gravi commessi.
L’esecutivo in bilico
Per ora, a parole, Speranza è “blindato” . Ma il sospetto che l’addio potrebbe essere imminente rimane ed è destinato a non finire qui. Perché il problema è che la maggioranza è in bilico su Speranza. Ne va -leggiamo- non solo la linea sulle riaperture, ma la natura stessa dell’esecutivo. «Per la destra far fuori me sarebbe conquistare l’egemonia nel governo», ha confidato il ministro ai collaboratori, riporta il quotidiano milanese. Speranza resiste arroccato sulla sua poltrona anche perché lui e i suoi “temono che nel bersaglio ci siano i 31 miliardi europei del Piano nazionale di ripresa e resilienza. Con i quali Speranza conta di realizzare quella riforma della sanità che al ministero definiscono «epocale». Che Dio ci salvi.