Battiato non era di destra? Chissenefrega, noi lo sentivamo lo stesso come “uno dei nostri”
Adesso non insistete nello scrivere che sì, cominciò con testi che piacevano alla destra ma finì assessore di Crocetta. E non insinuate che il suo inno Povera Patria si tradusse poi in rime anti-Berlusconi. Va tutto bene, bando alle etichette. Lui era il Maestro, quindi era oltre per definizione.
Battiato, la destra se ne innamorò perdutamente
Ma la destra se ne innamorò perdutamente fin dai tempi di quel disco ribelle, “L’era del cinghiale bianco“. Era il 1979 e si usciva dal gelo degli anni di piombo. Presto Siddharta sarebbe diventato un libro cult. Ma a destra già si facevano dibattiti sui sufi e la dottrina del risveglio. E si leggeva Gurdjieff che per Battiato fu maestro e fonte di ispirazione. E così l’unione di esoterismo e musica elettronica planò sopra boschi di braccia tese. Inevitabile. Battiato citava il kaly yuga e gli opponeva la speranza del ritorno dell’era del cinghiale bianco. Il potere spirituale che torna sovrano. Altro che canzonette.
Su Linea la recensione di “L’era del cinghiale bianco”
Questo cantautore ci piace troppo scriveva Linea, il giornale dei rautiani che volevano svecchiare la destra. Battiato fu l’alternativa agli stornelli delle camicie nere. Linea ripescava citazioni di Battiato del 1974: “Dicono che sono delle favole, ma io ci credo abbastanza: la musica come fatto trascendentale, il musicista come un semidio che faceva ballare gli alberi e incantava le cascate“.
Battiato metteva l’esoterismo in rima
Lui metteva l’esoterismo in rima, i suoi testi s’illuminavano di tradizione, mischiava il sacro e il pop. Nel 1982 Gianfranco Manfredi sulla Stampa sentenziava: Battiato non è un postmoderno, i testi del suo disco L’arca di Noè sono un manifesto della nuova destra. L’articolo stroncava il Battiato apocalittico che ammiccava ai postfascisti citando “l’imperialismo degli invasori russi”.
L’eremita irregolare che rifiutava ogni etichetta
Battiato, l’eremita irregolare. Ma come pretendete di addossargli un’etichetta, a uno perso nei suoi “mondi lontanissimi”? E’ vero, sembrò farsi grillino con la sua accusa alle “troie che si vendevano in Parlamento”. Vero anche il flirt con i radicali. E poi la scelta di fare l’assessore in Sicilia. Rosario Crocetta è stato per Battiato un po’ come il diavolo tentatore per gli eremiti del deserto. Lo ha blandito, usato, gasato, sfruttato per poi abbandonarlo al suo destino. E sancire, come scrisse Michele Brambilla su La Stampa, la rivincita della politica sugli esterni, e anche la supremazia dell’usato sicuro sul nuovismo a tutti i costi. La politica lo ha alla fine un po’ macchiato, ma giusto un alone quasi invisibile. Tutto gli si perdonava per quel suo verso: “Il giorno della fine non ti servirà l’inglese“. Una sintesi fulminante. Un assunto cui restò coerente quando si trattò di giudicare il genere rap: “Potrebbe sparire e, per quanto mi riguarda, non ne sarei dispiaciuto“.
L’ammirazione per Federico II Hohenstaufen
Ci piaceva troppo il Battiato ammiratore di Federico II Hohenstaufen, sul quale scrisse nel 1994 l’opera lirica Il cavaliere dell’intelletto, assieme a Manlio Sgalambro. E ammiravamo quel suo cogliere, da poeta, lo spengleriano tramonto dell’Occidente: “La nostra è una civiltà indegna, dove non c’è più rispetto per nulla e per nessuno. Le cose innaturali mi fanno star male, mi disturba la non accettazione del proprio karma. Credo di essere molto libero da una parte ma molto conservatore dall’altra. Una donna che diventa uomo e viceversa… perché?“.
Scrisse “Il re del mondo” mentre in Italia imperversavano le BR
Battiato, è vero pure questo, si definì anarchico ma mai di sinistra. Come avrebbe potuto occhieggiare a quel mondo un uomo che detestava la volgarità? Lo aveva cantato chiaro e forte: “Per fortuna il mio razzismo non mi fa guardare/Quei programmi demenziali con tribune elettorali“. Non era di destra? Scrivetelo pure. A noi non interessa. Resta in sintonia col nostro mondo e con le nostre aspirazioni. Rimane l’autore apprezzato di “Centro di gravità permanente” che risuonava alle feste del FdG. Colui che ha dedicato una canzone al Re del Mondo quando ancora in Italia imperversavano le Brigate Rosse. Gliene siamo grati, sempre e comunque.
Chi è il Re del Mondo
“Questo nome, d’altronde – scriveva René Guénon – non designa affatto un personaggio storico o più o meno leggendario; quello che in realtà designa, è un principio, l’Intelligenza cosmica che riflette la Luce spirituale pura e formula la Legge (Dharma) propria alle condizioni del nostro mondo o del nostro ciclo di esistenza; e nel medesimo tempo esso è l’archetipo dell’uomo considerato specialmente in quanto essere pensante”. Capito, cara Michela Murgia? E adesso fai un favore: scansati…