Cultura di destra, Scanzi e il conformismo di regime: perché può dire quello che ha detto
“Voi di destra vi sentite inferiori perché non avete uno straccio d’intellettuale da trecento anni”. Più o meno questa è la dichiarazione di Andrea Scanzi, che ha provocato malumori in vari ambienti. Senza spirito polemico, noto che la dichiarazione dell’assiduo ospite della trasmissione condotta dalla signora Gruber, sia un’esternazione non tra le più precise e circostanziate, vista la complessità dell’argomento, e viziate da una certa grossolanità. Ma l’intento denigratorio, e provocatorio è talmente evidente, che non è il caso di stare a corrergli dietro. Cerchiamo quindi mantenere la questione nell’ambito dell’analisi e dei ragionamenti. Chi, ed è facile intendere a chi ci riferiamo, tiene il potere di orientare le scelte e le priorità degli intellettuali, ha il potere non della cultura, ma sull’industria culturale, cosa completamente diversa.
Questa sottolineatura, a nostro avviso, è la pietra angolare sulla quale costruire le argomentazioni a sostegno di alcune opinioni sulla questione. Riconosco un merito a Scanzi, quello di aver, con il suo lapidario intervento, scosso da un certo torpore ambienti della Destra più avvertita. Toccare in un sol colpo, due argomenti così articolati e complessi come cultura e Destra, necessitano di valutazioni sicuramente più accurate e approfondite. Altrimenti, come si dice a Roma, traspare solo il desiderio di “buttarla in caciara”. Approfondimenti necessari, per uscire dalla sterile gara, che ricorda tanto quella che si faceva da bambini con le figurine Panini dei calciatori. Il celebre “questa ce l’ho- questa mi manca”, che ha segnato più di una generazione. Scenario che, di fatto, rischia di riproporsi sfiorando argomenti dove ognuno tra i contendenti sciorina il possesso delle sue figurine (filosofi, scrittori, poeti ecc.).
A seguire il pensiero del giornalista toscano, in questo caso non ci sarebbe partita in quanto i suoi antagonisti non ne avrebbero nessuna. Per prima cosa, cerchiamo di tratteggiare meglio cosa intendiamo dire usando le due categorie, quella di cultura e quella di cultura di Destra. Credo che si possa oggettivamente concordare sul fatto che tutta l’arte è cultura, ma non tutta la cultura è arte. Da questo presupposto, possiamo considerare la cultura nel suo complesso, come flusso di pensiero o di estetiche organizzate. Chiaramente, questi sono semplici accenni di definizioni, senza alcuna presunzione di voler essere esaustivi, solo note di carattere orientativo, per cercare di circoscrivere l’oggetto della riflessione. La cultura, per sua natura, è sempre animata da un “progetto”. La cultura è fondamentalmente “progetto”. Di idee, estetiche e promozione delle stesse. Coloro i quali s’impegnano in questa attività, si confrontano con due fasi distinte, l’elaborazione dei “contenuti” il primo, e l’organizzazione dei meccanismi ritenuti maggiormente idonei per promuoverli al meglio il secondo. La creazione quindi dei “contenitori” adeguati allo scopo.
La sinistra ha egemonizzato le leve dell’industria culturale
Su questo terreno, quello della creazione dei “contenitori” di cultura, la Destra, ha mostrato dei limiti, ma non ha certo difettato nella produzione dei “contenuti”. Per una innumerevole serie di ragioni, alcune delle quali più che giustificabili, da quegli ambienti, non si è riusciti a creare “contenitori” adeguati, per potersi confrontare con un bilanciato rapporto di forze con il pensiero di Sinistra. Nonostante abbiano gravitato intorno a quel mondo eccellenze dell’organizzazione e promozione culturale. Penso allo scrittore Francesco Grisi con l’attività del suo Sindacato Nazionale Libero Scrittori; o allo scrittore Alfredo Cattabiani come editor della Rusconi, o Fausto Gianfranceschi come responsabile della pagina culturale del quotidiano romano “Il Tempo”. Tutte persone dalla generosità intellettuale cristallina, che però, come naturale che fosse, non potevano coprire tutti i settori. Penso al Cinema al Teatro, alla Televisione. Oltretutto, la loro preziosa presenza, non era, ovviamente sufficiente, ad arginare la vera e propria marea “sinistra” prodotta dall’industria culturale. Il punto centrale quindi, va individuato nella la forte carenza di “contenitori” che facciano da vettori a filoni di pensiero non omologati.
La presunta subalternità, nasce dal fatto che con costanza certosina, la Sinistra è riuscita a dare vita al suo “progetto”. Egemonizzare le leve dell’industria culturale. Vittoria che continua a dare i suoi frutti. In termini di consenso e pressione, talvolta strangolante sull’opinione pubblica. Per questo, difendono con le unghie e con denti l’egemonia conquistata. Non stiamo certo qui a piangere sul tanto, troppo latte versato. Semplicemente una presa d’atto, che chiama tutti, a “riveder le bucce”. Anche al momento politico, che magari, impegnato su mille fronti, affida incarichi di primaria importanza nel settore a individui che si nutrono di mera autoreferenzialità. Avendo ben chiaro, che “la catena di montaggio” così egemonizzata, determina insicurezze e sbandamenti, in chi non è schierato in modo ortodosso, fino a poter fare arrivare a dire allo Scanzi di turno, che quelli di Destra “si sentono inferiori”.
La battaglia da condurre sarà lunga, molte sono le posizioni da riconquistare. Cosa difficile da realizzare, ma non impossibile. Il presupposto è, che si persegua il raggiungimento dell’obiettivo seguendo un “progetto” chiaro, lucido, al supporto del quale vengano coinvolte energie affidabili e credibili. La Destra culturale, non ha di certo contorni perfettamente sovrapponibili con quelli della Destra politica. Tempistiche e finalità, sono complementari ma non coincidenti. Un operatore culturale con orientamenti di Destra, paga si lo scotto della estrema difficolta d’inserimento, ma rispetto all’intellettuale di Sinistra, gode di un grande privilegio, quello di non essere schiavo della ideologia. Il termine appare per la prima volta nel 1796 nell’opera “Memoire sur la faculté de penser” coniato dal francese A.L.C. Destrutt de Tracy. Il significato prevalente che si attribuisce ad esso è quello del pensiero di scuola marxista.
Metodo di conoscenza astratto, capace di essere perfetto ed esaustivo, nel dare risposte alle condizioni materiali dell’uomo nelle dinamiche della lotta di classe. Tutto questo, in un’ottica di concezione del mondo schiettamente materialista. L’ideologia, ai giorni nostri è stata severamente messa in discussione. Alcune correnti di pensiero, sono giunte, a decretarne la morte. L’impostazione dettata, dalla ideologia, pesa enormemente sugli intellettuali orientati a Sinistra, costretti a riposizionamenti continui. Necessariamente strategici, laddove le evidenze della realtà vanno a cozzare contro il castello di carte di quelle concezioni astratte.
L’opera della cultura di Destra, che ribadiamo è cosa differente dalla Destra politica, attrae attorno a sé sensibilità molteplici e dagli accenti differenti. Un circuito vasto, che magari nella sua totalità non coincide con l’organizzazione della Destra politica di riferimento. Cerchiamo di individuare dei punti di riferimento, condivisi tra coloro i quali hanno alimentato “contenuti” ascrivibili a prese di posizione non allineate. Rintracciamo, un minimo comun denominatore in loro nella ricerca di libertà. Libertà dalle ideologie, dai luoghi comuni e “dal così fan tutti”. In una parola il rifiuto di essere omologati. Donne e uomini, di una Destra culturale che si battono lealmente fino allo spasimo nei confronti della complessità della realtà cercando di comprenderla e migliorarla. Consapevoli pienamente, che i limiti di essa, sono costeggiati da frontiere più ampie, “altre”. La dimensione del sacro, intendendo per esso, la consapevolezza dell’esistenza di una realtà ulteriore rispetto alla quale l’essere umano vibra in uno stato di soggezione, subendone timore e attrazione, declinato in modo sobrio o più rimarcato è in qualche misura sempre presente nel loro operato.
Il “sentire di Destra”
Il combinato disposto, quello dell’interrogarsi sui destini dell’uomo e del mondo, con la dilatazione di scenari con i quali confrontarsi, e la riaffermazione della libertà, quale energia qualificante ed essenziale dell’avventura intellettuale, sono a nostro modo di vedere delle buone coordinate per identificare un “sentire di Destra”. Citiamo qualche autore, per identificare meglio i tasselli di quel composito mosaico che vanno a costituire questo “sentire”. Esso spazia dall’anelito cattolico costellato di interrogativi, di uno scrittore come Francesco Grisi, a quello di un Giovanni Papini che si trasforma da noto mangiapreti, fino al raggiungimento di una strabiliante conversione che fece clamore, a un Mario Pomilio autore di “Il quinto vangelo”. Passando per i protagonisti della rivista ideata da Elemire Zolla “Conoscenza religiosa”, attorno alla quale con il suo taglio sapienziale aveva raccolto adesioni di collaborazioni di tutto rispetto da Cristina Campo, a Guido Ceronetti, Piero Citati e al professore di Estetica Rosario Assunto. La ricerca dell’assoluto nell’ attesa di “Il deserto dei Tartari” di Dino Buzzati. L’esplosione di libertà, di anticonformismo dei Futuristi innovatori di tutti i codici espressivi, i quali con una forzatura volutamente provocatoria liquidavano tutto ciò che li aveva preceduti come “passatista”.
L’incanto dei “piccoli mondi” descritti” da Giovannino Guareschi, o da Carlo Sgorlon, o dal poeta Attilio Bertolucci di “La camera da letto”, dai quali si scorge la bellezza di una semplicità, che ci riporta alle radici profonde del nostro essere. L’altro enorme lusso di libertà che ci si può prendere in queste contrade è quello dell’ironia e autoironia come ci ha insegnato Ennio Flaiano con i suoi Aforismi, fino ad arrivare alla cifra surreale di Benito Jacovitti con i suoi salami. Non vado oltre, per non cadere nello stucchevole gioco dell’elenco biancheria. “Un nesso consolidato e in qualche modo fatale tra l’essere scrittore e l’essere di sinistra … la verità dei fatti è la seguente: che non pochi, anzi molti, anzi moltissimi tra i protagonisti della letteratura del Novecento appartengono o sono collegabili a una delle diverse culture di destra” Giovanni Raboni Corriere della Sera 27 marzo 2002.
Ma si in fondo ha ragione il giornalista dal vaccino facile. Cosa può contare l’opinione di un Raboni qualsiasi. Il quale era coerentemente e fermamente schierato, non solo genericamente a Sinistra, ma con Rifondazione comunista. Era pure un poeta, che ovviamente a seguire l’opinione di Scanzi, a questo punto è vissuto non meno di trecento anni fa. Un’altra delle tante contraddizioni dettate dall’ideologia?