Davigo, così la vecchia volpe di Mani Pulite si difende dalle accuse: mai avuto i verbali e comunque…
“Non erano verbali, erano copie Word di atti di supporto alla memoria. Io gli atti originali non li ho mai visti“: si difende così, intervistato dalla trasmissione Piazza Pulita, l’ex-pm ed ex-componente del Csm, Piercamillo Davigo, parlando dei verbali dell’ex-consulente legale dell’Eni, l’avvocato Pietro Amara, che gli sarebbero stati consegnati, dal sostituto procuratore di Milano, Paolo Storari, ora indagato, non a Roma come si pensava. Ma a Milano. E questo rimette in discussione anche la competenza territoriale che si dovrebbe, a questo punto, spostare su Brescia.
Davigo ieri è stato ascoltato come persona informata sui fatti dalla Procura di Roma, uno dei quattro uffici giudiziari, assieme a Milano, Perugia e Brescia, che stanno indagando sulla vicenda.
E, in serata, l’ex-pm di Mani Pulite ha risposto, appunto, alle domande di Corrado Formigli.
Davigo è una vecchia volpe. E dalla sua ricostruzione si capisce che si è mosso con estrema cautela badando bene a come e dove mettere i piedi.
Storari “mi ha segnalato una situazione critica – ha spiegato Davigo a Formigli. – E mi ha dato materiale necessario per farne una opinione dopo essersi accertato che fosse lecito. Io ho spiegato che il segreto investigativo, per espressa circolare del Consiglio superiore, non è opponibile al Consiglio superiore“.
“Qualunque strada formale avrebbe comportato il disvelamento di tutta la vicenda – chiarisce Davigo giustificando così il fatto di essersi mosso in maniera informale. – E, quindi c’era la necessità di informare i componenti del Comitato di presidenza, perché questo dicono le circolari, in maniera diretta e sicura”.
Quanto al fatto che la Procura di Milano, guidata dal suo ex-amico ed ex-collega di Mani Pulite, Francesco Greco, non avesse fatto partire gli accertamenti, Davigo dice: “Mi sembrava incomprensibile la mancata iscrizione“. E aggiunge: “Non si possono fare atti di indagine se non si fa l’iscrizione. Quelle cose richiedevano indagini tempestive“.
Per Davigo sul caso “bisognava fare le indagini tempestivamente. Nel caso di specie non si potevano seguire le vie formali, la via formale più semplice era rivolgersi al procuratore generale. Il problema è che il procuratore generale non c’era, la sede era vacante“.
Detto questo, Davigo sta molto attento a non farsi trascinare nella polemica contro Francesco Greco e se il suo ex-collega ha sbagliato a non fare l’iscrizione sul registro degli indagati.
“Non compete a me dare valutazioni del genere”, taglia corto l’ex-componente del Csm.
“Il problema è che quando uno ha delle dichiarazioni che riguardano persone che occupano posti istituzionali importanti… se sono vere è grave, ma se sono false è gravissimo. – sottolinea Davigo ragionando su come avrebbe proceduto lui. – Quindi in un caso e nell’altro bisogna fare le indagini tempestivamente per vedere se sono vere o se non lo sono. Per fare le indagini bisogna iscrivere e bisogna aprire un procedimento, non si possono tenere per mesi le cose ferme“.
Altro aspetto è quello che riguarda il fatto che Davigo ha informato l’ex-vicepresidente del Csm, il renziano David Ermini il quale, a sua volta, ha parlato della vicenda con Mattarella che del Csm è il presidente. Ma qui Davigo si è chiuso a riccio. E ha detto di non volersi esprimere su una sua eventuale informazione del caso al presidente della Repubblica.
E la scena muta di Mattarella che non affronta la questione pubblicamente non fa che ingenerare ulteriori sospetti anziché allontanarli.
Quello che si sa è che Mattarella ha ringraziato Davigo per il tramite di Ermini.
A Piazza Pulita, naturalmente, si arriva anche a parlare dell’ex segretaria di Davigo che avrebbe fatto pervenire copie dei documenti di Amara ai giornalisti di Repubblica e del Fatto Quotidiano.
L’ex pm ha detto di potere “solo dire che, nel caso sia stata lei, mi ha sorpreso non poco, perché l’ho sempre considerata una persona totalmente affidabile“. Ed “è ovvio” che l‘ex-segretaria non l’abbia fatto su sua spinta. “Che senso avrebbe avuto mantenere tutte le cautele per tenere segrete le indagini per poi diffonderle?”.
La ricostruzione di Davigo non “convince per niente” Alfredo Robledo, ex-procuratore aggiunto di Milano, intervennuto, anche lui, a Piazza Pulita: “Piercamillo Davigo ha sempre avuto qualche soprannome, naturalmente in modo scherzoso, come Piercavillo, a me stasera sembra di poterlo chiamare Pieranguillo, perché sfugge ai problemi veri. Non è vero affatto che se avesse seguito le linee formali avrebbe disvelato” il caso.
Davigo, aggiunge Robledo, “avrebbe dovuto consigliare” al pm Paolo Storari “di non dargli i documenti ma di andare all’ufficio di presidenza del Csm”.
Invece, osserva Robledo, facendo come ha fatto, Davigo a fatto da “divulgatore”. Ma, aggiunge, “mi meraviglio anche che lui abbia avuto tutta questa preoccupazione, perché obiettivamente, per chi ha un po’ di mestiere”, l’avvocato Piero Amara “è un avvelenatore di pozzi“.
E la vicenda della loggia Ungheria? “E’ ridicola, è una farsa. Qui c’è semplicemente un faccendiere che cerca di recuperare ricatti e denunce per trarne un profitto personale“, sintetizza Robledo. Che coglie l’occasdione per togliersi un sassolino dalla scarpa rinvangando la vecchia ruggine che c’è fra lui e l’ex-boss di Magistratura Democratica, la corrente più a sinistra della magistratura, Bruti Liberati: “Che il problema sia la Procura di Milano è pacifico. Direi che Greco è il continuatore esatto di Bruti Liberati in tutto e per tutto”.