Ddl Zan, Mantovano non ha dubbi: «Il suo vero obiettivo è comprimere la libertà»
«Con il ddl Zan tutto sarà considerato omofobo». È tanto fosca quanto realistica la previsione di Alfredo Mantovano circa le conseguenze che ci regalerebbe l’approvazione del testo-bandiera della sinistra. Un giudizio, il suo, più tecnico-giuridico che politico. Nell’intervista alla Verità, infatti, Mantovano parla da giurista (è giudice della Cassazione) del Centro Studi Livatino, di cui è vicepresidente, e non da ex-parlamentare o da ex-sottosegretario agli Interni. Quando cita il Viminale, lo fa solo per snocciolare i dati relativi ai casi di omofobia segnalati dall’Osservatorio contro le discriminazioni: «Dal 2010 appena 26,5 come media annua». Come a sottolineare che l’emergenza esiste solo nell’immaginazione dei proponenti del ddl Zan.
Mantovano intervistato dalla Verità
Che cos’è, quindi, che spinge la sinistra a farne il vessillo da far sventolare sul pennone più alto? La lotta alla discriminazione dei gay sembra entrarci ben poco. Sicuramente meno della coercizione del linguaggio. «Lo dicono i suoi promotori – ricorda Mantovano -: la legge dev’essere strumento di educazione. Più corretto sarebbe dire di rieducazione». È il motivo per cui, spiega, il ddl è strutturato in un blocco unico: «Se si toglie una parte cade l’impalcatura». Una logica che non risparmia neppure l’articolo introduttivo della Giornata contro l’omotransfobia.
Una volta approvata, sarà facile incriminare
In proposito, calza a pennello l’esempio del preside che, a fronte della richiesta di un’associazione Lgbt di spiegare la teoria gender a scuola, si appellasse alla necessità di ottenere il consenso dei genitori. Legge Zan alla mano, basterebbe ad incriminarlo per discriminazione. «In queste condizioni – chiede Mantovano -, quanti sarebbero i presidi disponibili ad opporsi seriamente?». Il ddl, insomma, crea più problemi di quanti pretenderebbe di risolvere. Colpa anche del testo estremamente generico sulla definizione di identità di genere. Anche un sociologo del calibro di Luca Ricolfi ha descritto la “Zan” come «un cavallo di Troia» dal momento che «introduce articoli non essenziali alla difesa degli omosessuali».
Le parole del beato Livatino
Mantovano concorda. E ricorda: «Il diritto penale si basa sul fatto. Qui siamo nel campo dello stato d’animo». Nell’intervista c’è spazio anche per ricordare Rosario Livatino, il magistratoucciso dalle stidde mafiose nel settembre del ’90. Poco prima di essere ucciso, in una conferenza su Fede e diritto, disse che «il diritto dev’essere fondato sul rispetto della natura dell’uomo». Parole che sembrano ritagliarne ora per allora un giudizio sul ddl Zan. Di recente anche il Quirinale ha celebrato il giudice-ragazzino assurto agli onori degli altari. «Spero che non diventi un santino – conclude Mantovano – ma venga considerato per ciò che ha detto e fatto realmente».