Ddl Zan, per Pd e M5S si mette male: col voto segreto saltano i numeri. E Renzi s’infila come mediatore
Ddl Zan, per Pd e M5S si mette male: col voto segreto saltano i numeri. Matteo Renzi strizza l’occhio al centrodestra e si candida a mediatore in cerca di una quadra. Certo è che la tensione sul Ddl Zan si taglia col coltello. La temperatura dello scontro sale a livelli vertiginosi e alle polemiche si sovrappone l’allarme per i numeri che potrebbero rappresentare, alla fine della fiera, la variabile in agguato. L’indecifrabile fatto che rischia di far saltare all’aria l’equazione parlamentare. Per farla breve, le cose, come evidenziato fino ad oggi da media e social, si giocano tutte sul «prendere-o-lasciare». Un vicolo stretto in cui ha fatto irruzione Renzi che, sventolando la bandiera di Italia Viva, prova ad aprire un varco alla trattativa attraverso il capogruppo al Senato Davide Faraone che nei giorni scorsi, rivolgendosi ai colleghi senatori, ha scritto a Palazzo Madama per sollecitare «un tavolo politico» attorno al quale provare a sedersi in cerca della quadra. Una «sintesi» che riesca, ecumenicamente, a conciliare le diverse posizioni in campo.
Ddl Zan, Renzi di auto-candida mediatore. Aria di disfatta nel centrosinistra
Insomma, il derby in corso si è arenato sull’impostazione di una «dannosa dinamica del derby che non porta da nessuna parte». E così, tanto per rimanere nella metafora calcistica, è proprio tra i pali, partendo dal limite dell’area di rigore, che Renzi prova a insaccare il colpo sperando di sbloccare una partita ferma in commissione Giustizia, organo come noto presieduto dal leghista Ostellari. E con il centrodestra che, giocando in difesa, non solo ha contrapposto un proprio disegno di legge a quello già approvato in prima lettura alla Camera, ma ha anche studiato un maxi-calendario di 170 audizioni. Un passaggio rispetto al quale il Pd, con Monica Cirinnà, segretario della commissione Giustizia, in testa a tutti, è andato al contrattacco.
Ddl Zan, dal salvagente di Renzi a un altro botta e risposta tra Cirinnà e Ostellari
E così, dopo l’infuocata querelle dei giorni scorsi e il duro botta e risposta tra l’esponente dem e il suo interlocutore del Carroccio, ancora oggi la Cirinnà è tornata a tuonare: «Un calendario con 170 audizioni è una presa in giro. Questa è la commissione Giustizia non “casa Ostellari”. Ormai il tentativo di affossare il testo in commissione è evidente. Andiamo presto in Aula senza relatore, con la dichiarazione d’urgenza». Immediata la replica di Ostellari che, via Facebook, risponde all’agguerrita collega dichiarando: «Chi ha paura del confronto? Noi no, e siamo pronti a discutere con lealtà di Ddl Zan e della proposta del centrodestra. Per tutelare tutte le vittime di discriminazioni e violenza. Giovedì iniziamo con le prime audizioni, che saranno 170 in tutto. Senza confronto non c’è democrazia».
Renzi si inserisce e spariglia le carte sul tavolo
Dunque, a duello ancora in corso, tra i due litiganti il terzo si inserisce: Renzi e i renziani, sparigliando le carte sul tavolo, provano a calare per l’ennesima volta l’asso della mediazione. Avocando a loro il compito di cercare una quadra. Una soluzione in grado di favorire l’approvazione «più ampia possibile» del testo. Che altrimenti «non passa», come denuncia da tempo Matteo Renzi. Memore del fatto che, quando toccò a lui affrontare il tema delle Unioni civili, riuscì a portare a casa il risultato solo grazie al compromesso e al voto di fiducia.
Il Ddl Zan potrebbe essere impallinato a voto segreto
Perché, come scriveva nei giorni scorsi anche Il Giornale, «se anche approdasse in Aula, con una forzatura che Pd e M5s possono ottenere, rischierebbe di essere impallinata a voto segreto». I numeri, insomma, come rilevano da Palazzo Madama, sono variabili tutt’altro che certe: anche perché, basterebbe cominciare a dubitare della quota dei senatori fuoriusciti dalle fila grilline in polemica con l’alleanza con il Partito democratico ad affossare il Ddl in questione, mandando in aria – e anche con discreta soddisfazione immaginiamo – nel segreto dell’urna, mire e progetti condivisi da Letta e Conte. Disorientando il segretario dem che rischia di vedersi scaricato interamente addosso tutto il problema.
Un problema tutto in casa Pd
Una matassa ingarbugliata di cui sarebbe arduo riprendere le fila del discorso. Specie dopo la faida interna sul disegno di legge Zan scatenatasi proprio in seno ai senatori Pd, con la Valente e la Fedeli intesta a tutti. E rispetto alla quale, lungi dall’aver trovato una soluzione, ha solo chiuso (temporaneamente) il discorso mettendo a tacere la voce del dissenso con un sintomatico: «non si cambia nulla». Niente trattative. Trattative che a Renzi non sembra dispiacere provare a condurre…