Denise, il testimone anonimo: “Era in auto. Piangeva e gridava aiuto”. Il giallo delle sim
Denise, il testimone anonimo: «Era in auto. Piangeva e gridava aiuto mamma». L’indiscrezione, pubblicata da Live Sicilia, mette i brividi. La mamma di Denise, Piera Maggio, non molla la presa. Così come non si arrende Giacomo Frazzitta, l’avvocato storico che ha seguito il caso sin dalle prime battute. E come l’ex Pm Maria Angioni, che per prima ha seguito a Mazzara del Vallo le indagini sulla scomparsa della piccola, quel maledetto 4 settembre del 2004 ha dato nuovo impulso all’inchiesta riaperta dalla Procura dopo le sue dichiarazioni sui dubbi e i depistaggi che hanno fin qui impedito la ricerca della verità. I media poi, checché se ne dica, hanno contribuito a dare nuovo impulso alle indagini, in alcuni casi, come con Chi l’ha visto e Mattino cinque, tornando sui punti nevralgici del sequestro della bambina. Ripassando al setaccio intercettazioni e stralci del processo. Testimonianze e riscontri. Un mosaico giallo a cui mancano ancora molti tasselli, ma che, intervista dopo intervista, e servizio televisivo dopo servizio, negli ultimi giorni ha inserito una tessera mancante. Da ben 17 anni…
Denise, il testimone anonimo porta a una svolta?
Il muro di omertà sembra cominciare a sgretolarsi. Un testimone anonimo manda una lettera all’avvocato Frazzitta, il cui contenuto sarebbe di grande rilievo e la cui testimonianza sarebbe attendibile. Di più: nella missiva – a cui è seguita anche una seconda lettera spedita alla redazione di Federica Sciarelli – il testimone anonimo racconta un fatto nuovo. Molto importante. E a cui lui avrebbe assistito: un momento topico del sequestro. Il contesto è sempre quello di Mazara del Vallo allora. Ma non si parla di un luogo dove cercare Denise. E neppure entrano in primo piano i nomadi: altro tema scandagliato a fondo. No: il racconto del testimone anonimo riguarda un dato finora mai analizzato. E, soprattutto, mai affrontato dai media. Dunque, qualcosa che la persona conoscerebbe solo per averla vista coi suoi occhi.
Denise, il testimone anonimo nella lettera rivela un fatto mai emerso in tv
Un dato mai analizzato, ma riscontrato in quanto presente nel fascicolo l’inchiesta, recentemente riaperta dalla Procura di Marsala che ha eseguito un’ispezione nella casa dove viveva Anna Corona e sentito Maria Angioni. Un fatto inquietante: Denise Pipitone era in macchina con 3 persone quel primo settembre del 2004 in cui scomparve nel nulla dopo essere stata rapita davanti alla sua abitazione di Mazara del Vallo. «Piangeva e gridava “aiuto mamma”». Sarebbe questo, secondo quanto riporta in queste ore anche il sito Live Sicilia, il racconto contenuto nella lettera anonima recapitata il 12 maggio scorso all’avvocato Giacomo Frazzitta, legale della famiglia di Denise. Sarebbe questo fatto, segnalato dopo 17 anni da un testimone anonimo, che potrebbe rappresentare il nodo di svolta nel mistero. Una verità rimasta segreta a lungo perché, come scrive lo stesso autore della lettera anonima, «sono 17 anni che so, non ho parlato prima per paura…». Ma, aggiunge poi, «sono sicurissimo, al cento per cento, di quello che ho visto».
Un intreccio di verità e depistaggi, silenzi e omertà
Non solo. Nell’intreccio di verità e depistaggi. Bugie e testimonianze, spunta anche il giallo della sim. Gli inquirenti indagano su sospetti passaggi di sim tra diversi telefoni di persone attenzionate per il caso di Denise Pipitone. E proprio oggi, ospite di Mattino 5, il maresciallo Francesco Lombardo, l’ex maresciallo della Polizia giudiziaria di Marsala che ha indagato sulla scomparsa della bambina. L’uomo, in collegamento con il programma di Canale 5 condotto da Federica Panicucci e Francesco Vecchi, è ripartito dalla lettera anonima giunta all’avvocato Frazzitta, arrivando alle celle telefoniche che, nelle 24 ore del rapimento, sono state agganciate, per esempio, nei pressi del magazzino dove si pensava fosse tenuta in ostaggio la bambina. Sul punto, l’ex maresciallo Lombardi in collegamento con lo studio di Cologno Monzese, ha dichiarato: «Il telefono era spento. Arrivava un messaggio che doveva essere recapitato a quell’utenza telefonica, ma il destinatario aveva cambiato cellulare».
Il giallo delle sim, i dubbi sull’utenza telefonica
«Quindi – prosegue – l’Imei era diversa. Pertanto il sistema non riusciva a consegnare il messaggio. Continuava a cercare in rete il cellulare, che nel frattempo, anche se spento, veniva segnalato nei movimenti, e non veniva consegnato. Ci sono quindi quelle celle agganciate durante la notte». E da lì dovranno ripartire gli inquirenti al lavoro sul caso. Da quei dubbi sull’utenza telefonica, tornata al centro dell’inchiesta. Così come il dubbio che Anna Corona possa aver dato il suo telefono a un’altra persona, che si sarebbe spostata nel frattempo. – «Un’altra persona – ipotizza Lombardi – o lei stessa che ha messo la sua scheda su un altro cellulare»… L’inchiesta, che nelle ultime settimane ha fatto grandi passi avanti, potrebbe ripartire da qui.