Il reddito di cittadinanza è l’ultima mazzata a ristoranti e bar: «Non troviamo più camerieri»
Sono stati tra le categorie più colpite dalla pandemia. Ora che si affaccia all’orizzonte la ripartenza, però di camerieri, baristi, cuochi se ne faticano a trovare: l’allarme viene dai titolari di bar, ristoranti e alberghi, che puntano l’indice principalmente contro il Reddito di cittadinanza. «Funge da deterrente occupazionale per i giovani e meno giovani», ha spiegato Paolo Bianchini, presidente di Mio Italia, Movimento imprese ospitalità. Ma non c’è solo questo, anche l’incertezza sulle riaperture svolge un ruolo, perché in assenza di punti di riferimento sicuri su quando, come, quanto, in molti preferiscono affidarsi al sussidio o, in alcuni casi, andare all’estero, dove ci sono più punti fermi. Dunque, ancora una volta realtà come ristoranti e alberghi, centrali nell’economia del Paese anche in relazione al tema turismo, pagano il prezzo del disastro targato Pd-M5s.
Camerieri e baristi: mazzata del reddito di cittadinanza
«C’è un problema nel problema di cui nessuno ha ancora parlato che riguarda il comparto dell’ospitalità a tavola (Horeca). Mi riferisco al personale di sala e di cucina difficilissimo da trovare ora che ristoranti, bar, pizzerie e cocktail bar si apprestano a riaprire, se la politica farà la sua parte, a pieno regime», ha avvertito Bianchini. Il reddito di cittadinanza, «come il sussidio di vario tipo», spinge gli addetti del settore – o, meglio, gli ex addetti del settore – in direzione contraria a quella del lavoro in regola e, spesso, del lavoro tout court. «Preferiscono continuare a percepirlo e, quando si presentano ai colloqui – ha spiegato ancora il presidente di Mio Italia – chiedono di lavorare in nero. In ogni caso ci pensano due volte prima di entrare o rientrare nel mondo del lavoro».
«Troppo assistenzialismo incentiva la disoccupazione»
Ma non finisce qui. «Le eventuali esperienze occupazionali degli studenti – ha chiarito ancora Bianchini – diventano irrealizzabili, perché questi ultimi chiedono di lavorare saltuariamente, senza impegno, e quindi non possono essere inquadrati. Troppo assistenzialismo in questo senso fa male. Incentiva la disoccupazione e soprattutto – ha aggiunto – la richiesta di lavoro in nero, mettendo in difficoltà i piccoli imprenditori». Dunque, «la politica dovrebbe battere un colpo, anche perché le esperienze lavorative, come ad esempio quella di cameriere in un locale, sono formative per un giovane studente, fanno curriculum e sono considerate positivamente dalle aziende che assumono».
L’imprenditore: «Manca tra il 60 e l’80% del personale»
A dare la misura del problema è stato poi Andrea Madonna, il presidente per il Veneto del Movimento imprese e ospitalità e titolare a Padova del ristorante Cocò, in un colloquio con Libero. «Mettiamola così, se sei alla ricerca di camerieri e baristi con un minimo di esperienza, oggi ne trovi il 60% in meno rispetto al passato. Se invece ti accontenti dei ragazzini alle prime armi, il classico studente che fa un lavoretto tanto per arrotondare, il gap sale all’80%…», ha spiegato Madonna. «Il problema – ha aggiunto – è che dopo 14 mesi di Covid abbiamo perso buona parte delle persone che facevano questi mestieri prima. Tanti camerieri, ma anche addetti alla portineria e alle pulizie o receptionist hanno abbandonato un settore che si è dimostrato, non certo per colpa nostra, il meno capace di garantire un futuro ai suoi lavoratori».
Il peso dell’incertezza: c’è chi preferisce andare all’estero
Ancora Libero, poi, ha acceso i riflettori sul peso dell’incertezza rispetto alle riaperture è stato poi Libero, ricordando che nel trovare personale, oltre che con la “concorrenza” dell’assistenzialismo, gli imprenditori italiani devono vedersela anche con la “concorrenza” estera. In altri Paesi, infatti, a partire dalla Gran Bretagna, il ruolino di marcia delle riaperture è già ben definito. Così, scrive Libero, «visto che le decisioni sugli orari estivi sono ancora fumose, parecchi professionisti di bar o ristoranti sono attratti dalle sirene fuori confine».