“Io sono Giorgia”, Lerner spiazzato dall’«orrore» che non trova: «Il fascismo è poco citato»
Fu vero cambiamento? Il dubbio, benché manzoniano, non riguarda Napoleone bensì la Meloni. E sembra tormentare non poco Gad Lerner, almeno a giudicare dai toni della sua recensione sul Fatto Quotidiano di “Io sono Giorgia“, l’autobiografia della leader della destra italiana, ai primi posti della hit parade del libro. Toni trattenuti al limite della reticenza, quasi procedesse con il freno a mano tirato. Nessuna previsione o “profezia” (il “crepi l’astrologo” è sempre in agguato), semmai auspici, condensati dal «purché non torni a sbracare» della chiusa. Sicuro: il senso è tutto in queste parole finali, che bene rendono l’idea del giudizio sospeso fino al disvelamento dell’errore/orrore non ancora trovato. È come se l’eureka gli si fosse strozzato in gola, costringendolo a rinviare a domani la stroncatura che avrebbe voluto fare oggi.
Gad Lerner ha recensito il libro della Meloni
Non è pregiudizio, quantunque lo stesso Lerner contribuisca ad alimentarlo con un incedere da ricerca del pelo nell’uovo che la dice lunga sull’animus che ne ha ispirato la recensione. E anche con qualche citazione volutamente monca, giusto per rendere politicamente incoerenti o storicamente reticenti alcuni passi del libro. Sono quelli – ça va sans dire – dove la Meloni ragiona di fascismo e razzismo, gli argomenti in cui Lerner sente di non aver rivali. È perciò un vero peccato accorgersi che non rifugga dal trucchetto della citazione decontestualizzata, deformandone così il concetto. È il caso della guerra tra «buoni» e «cattivi» (i corsivi, testuali nel libro, sono tali – secondo Lerner – per «concessione ironica»), dove i primi sono gli Alleati e i secondi i nazi-fascisti.
Il trucchetto della citazione decontestualizzata
Detta così, è più che ambigua. In realtà, il ragionamento è più complesso e nasce dalla fondata consapevolezza che il razzismo non è un’invenzione degli Anni ’30. Se così fosse, aggiunge la Meloni, basterebbe condannare «il male assoluto» (per Lerner è una stoccatina a Fini) «e il problema sarebbe risolto». È in questi scivolosi paraggi che l’ex-direttore di Lotta Continua e del Tg1 conta di cogliere in fallo la leader di FdI. Non gli è riuscito e perciò sottolinea le «quattro o cinque citazioni» dedicate al fascismo. Troppo poche – ai suoi occhi – per non esporsi al sospetto della «rimozione del buco nero». Ma tutto sommato ci è andata di lusso. Già, figuriamoci quale stroncatura avrebbe confezionato Lerner se solo la Meloni in quella citazione avesse abbondato.