“Io sono Giorgia”, Meloni: «A noi nessuno ha mai regalato nulla». I vigliacchi? «So come affrontarli»

9 Mag 2021 10:35 - di Franco Bianchini
Io sono Giorgia

È un racconto autobiografico, Io sono Giorgia, edito da Rizzoli. Un volume in cui si raccolgono pagine importanti, scelte personali e politiche, emozioni e momenti cruciali. A partire dal “trasloco” nella sede di via della Scrofa 39.

“Io sono Giorgia” e il testimone da raccogliere

È una mattina di novembre del 2019. «Il portone è quello della storica sede di An e prima ancora del Msi». Giorgia Meloni – che Fdi l’ha fondata nel 2012 – entra nella “casa” di Giorgio Almirante, morto nell’88, quando lei era appena undicenne. «Ho raccolto il testimone di una storia lunga settant’anni. Mi sono caricata sulle spalle i sogni e le speranze di un popolo che si era ritrovato senza un partito, senza un leader». Lo scrive nel libro Io sono Giorgia di cui l’Adnkronos ha letto alcuni stralci. «Davanti agli occhi vedo un lungo film. Una storia fatta di tragedie, tradimenti, desideri, vittorie, sconfitte, sogni. Un mondo intero che non ha mai smesso di credere né di combattere».

«A noi nessuno ha mai regalato niente»

«Abbiamo fatto un lavoro enorme per ricostruire la nostra credibilità e guadagnarci lo spazio. A noi nessuno ha mai regalato niente. Quando stai dalla parte che viene considerata quella sbagliata non ti puoi permettere il minimo errore», scrive la Meloni. «Non è stato per nulla semplice arrivare fino a qui. Il momento forse più difficile arrivò proprio dopo le ultime elezioni politiche, nel 2018. Il centrodestra aveva avuto la fetta maggiore di voti. Ma non aveva comunque i numeri per governare da solo. Il presidente della Repubblica preferì non tentare di dare l’incarico a Matteo Salvini. Salvini, dal canto suo, non aveva insistito. Ufficiosamente, credo oggi, perché lo solleticava l’ipotesi di un’alleanza con il Movimento 5 Stelle». Durante la campagna elettorale «avevo proposto il famoso “patto anti-inciucio”. Ma la mattina della manifestazione in cui avrebbe dovuto essere sottoscritto mi ritrovai da sola».

La battaglia contro le pensioni d’oro ingiuste

«Questa della lotta alle pensioni d’oro è una mia antica battaglia», si legge ancora in Io sono Giorgia. «Purtroppo è stata poi sposata anche dai grillini che, puntualmente, l’hanno ridicolizzata e affossata. Ma ancora oggi sono convinta che sia una rivendicazione sacrosanta. Non ho nulla contro la ricchezza meritata. E non ho nulla contro le alte pensioni frutto di contributi versati . Sono contro le ingiustizie e le furbate, però». Furbate come quelle degli «assegni da 30.000 euro al mese ottenuti grazie a leggi fatte apposta per favorire alcuni pochi fortunati a discapito di tutti gli altri».

Come fu scelto il nome di Fratelli d’Italia

«In una manciata di giorni dovevamo decidere il nome del nuovo partito. “Figli d’Italia”, il nome della lista con cui mi ero candidata alla presidenza di Azione Giovani, era la nostra prima scelta. Ma qualcuno fece timidamente notare che quel “Figli di…” si prestava a qualche doppio senso di troppo. “Noi italiani” fu la mia proposta, ma non piacque. Alla fine fu Fabio Rampelli a pensare all’Inno di Mameli, e così nacque Fratelli d’Italia».

I giorni della rottura con il Pdl

La leader di Fdi, in Io sono Giorgia, ripercorre quei giorni frenetici e la rottura con il Pdl. «Decisi di comunicare personalmente a Berlusconi la nostra decisione. E gli dissi: “Voglio essere fiera di quello che faccio. Lo dico con rispetto, ma davvero non mi sento più a casa”. Furono settimane vissute in apnea, perché sapevamo che ogni metro ce lo saremmo dovuto guadagnare con molta fatica. Alla fine ho fatto il conto di quello che solo io avevo fatto in quei lunghissimi quaranta giorni a cavallo tra la metà di gennaio e la fine di febbraio. Oltre trentamila chilometri, quasi trecento comuni, una piccola valigia sempre pronta».

«Giò, ma chi te l’ha fatto fare?»

«Mi sono detta mille volte: Giò, ma chi te l’ha fatto fare? Solo chi ci prova sa cosa voglia dire inventarsi un partito dal niente e affermarlo con mezzi così scarsi che ti ritrovi a sparare contro i carri armati con una cerbottana. Abbiamo vissuto dei momenti tragici, però vivaddio che abbiamo avuto questo coraggio. Non ho mai dubitato di aver fatto la cosa giusta, neanche nelle fasi più dure. Perché l’orgoglio di poter camminare sempre a testa alta vale qualsiasi sacrificio».

“Io sono Giorgia”, quando Berlusconi si dimise…

L’ultimo governo Berlusconi l’hanno fatto fuori «perché aveva a cuore la difesa dell’interesse nazionale. Rifiutava la subalternità rispetto a Francia e Germania». Nelle pagine di Io sono Giorgia, la Meloni ripercorre le dimissioni del Cav, nel novembre del 2011. «Quando Berlusconi si dimise ero in Consiglio dei ministri» , scrive. «La folla di militanti della sinistra e del M5S festeggiava la caduta dell’ultimo presidente del Consiglio di fatto chiaramente voluto dai cittadini attraverso un voto. Fischi di scherno, pugni chiusi mulinati nell’aria, cori offensivi, Buffone! Caimano! Tagliai nel mezzo la folla dei manifestanti che procedevano in senso opposto. Quando si accorsero di me, cominciarono a insultarmi. Molti, increduli: “Ma è proprio la Meloni?”. Io però andavo avanti con la testa alta e il passo sicuro. Nessuno osò sfiorarmi. L’avevo imparato da ragazzina come funziona con questi vigliacchi.  Se scappi, ti inseguono; ma se li affronti, nove volte su dieci si intimidiscono e ti fanno passare».

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