Israele avverte: ci aspetta una notte intensa. E c’è chi pensa di bloccare il flusso di armi che alimenta il conflitto
In 24 ore le forze di difesa di Israele, Tzahal, hanno martellato Gaza colpendo le case di 12 comandanti di Hamas.
Solo questa mattina le Israel Defense Forces, secondo il Times of Israel, hanno colpito le case del “vice comandante della Brigata nord di Gaza City“, quella di un “comandante di un’unità militare terrestre” di Khan Younis e di un altro “comandante di compagnia” poiché l’Idf ritiene che i comandanti di Hamas le utilizzavano come centri di comando e per lanciare le operazioni contro Israele.
Il portavoce delle forze di difesa israeliana Hidai Zilbermane ha, inoltre, riferito che sono state colpite, con numerosi blit aerei, 120 obiettivi nella Striscia di Gaza, sempre nelle ultime 24 ore, tra cui dieci lanciarazzi, soprattutto nel quartiere Rimal di Gaza City, dove vivono diversi leader di Hamas.
Un gruppo di miliziani della Jihad Islamica palestinese nel centro della Striscia di Gaza mentre si preparavano al lancio di un razzo verso il territorio israeliano.
Zilberman ha anche avvertito che l’esercito israeliano ha ”una notte intensa davanti a noi” in quanto ci si prepara a colpire ”nuovi luoghi” e a continuare ad attaccare la rete dei tunnel sotterranei che Israele chiama ”la metropolitana”.
Hamas ha ancora la capacità di sparare razzi su Tel Aviv, ha detto Jonathan Conricus, portavoce dell’esercito israeliano, in un briefing online con la stampa internazionale.
Il nostro obiettivo, ha detto, è di “fermare i razzi“, di ridurre le capacità di Hamas di colpire i civili israeliani, “c’è ancora molto lavoro da fare” contro la rete di tunnel sotterranei di Hamas e la capacità di sparare razzi.
“Sfortunatamente, se Hamas decide di sparare un razzo contro Tel Aviv, ha ancora la capacità di farlo, sia in termini di rampe di lancio che di razzi“, ha affermato Conricus.
Ma ora c’è chi inizia a interrogarsi sul flusso di armi che sta alimentando il conflitto da una parte e dall’altra. E si fa strada l’idea di chiudere i rubinetti delle forniture belliche per spegnere le ostilità fra Israele e Hamas.
Il capo della Commissione Esteri della Camera Usa, Gregory Meeks, si accinge a preparare una lettera da inviare alla Casa Bianca chiedendo di rinviare la nuova vendita di armi ad Israele, per un valore di 735 milioni di dollari, che è stata approvata da Joe Biden.
In una riunione con colleghi democratici, Meeks ha detto che lui sarebbe stato informato solo all’ultimo dell’accordo. E, secondo alcuni, vuole chiedere una sospensione a Biden per permettere al Congresso Usa di valutarne i contenuti.
Ieri, infatti il Washington Post aveva rivelato che il Congresso sarebbe stato informato del procedimento il 5 maggio, quasi una settimana prima dell’inizio delle attuali ostilità tra Israele e Hamas.
Meeks intende inviare una lettera ala Casa Bianca nei prossimi giorni.
Dall’altra parte, secondo Meir Litvak, esperto d’Iran e presidente del Dipartimento di storia dell’Africa e del Medio Oriente dell’Università di Tel Aviv, intervistato dall’Adnkronos, Teheran fornisce ad Hamas circa 100 milioni l’anno in aiuti finanziari e militari“.
Non credo l’Iran abbia istigato l’attuale crisi, ma sicuramente vi gioca “un ruolo indiretto”, in quanto sostiene da anni Hamas con armi, denaro e know how, assicura Litvak citando “fonti attendibili”.
“L’Iran ha un ruolo indiretto nella crisi. Rifornisce da anni Hamas e la Jihad islamica di razzi, altre armi e know how per aiutarli a produrre i loro razzi – spiega il docente. – Inoltre l’Iran ha fornito aiuto finanziario ad entrambe le organizzazioni. E, probabilmente, consulenze tecniche apprese dall’esperienza con Hezbollah in Libano. In altre parole, l’Iran ha svolto un ruolo importante nell’aiutare entrambe le organizzazioni a costruire per anni le loro capacità militari“.
Quanto all’attuale crisi in corso, Litvak ritiene che “si tratti soprattutto del risultato della rabbia di Hamas per la cancellazione delle elezioni palestinesi e del voler approfittare di una serie di stupidi passi israeliani in modo da emergere come leader indiscusso del movimento nazionale palestinese“.
Sta di fatto che a pagare , da una parte e dall’altra, è soprattuto la popolazione civile.
Almeno dieci le persone rimaste ferite a causa del lancio di colpi di mortaio dalla Striscia di Gaza in direzione della regione di Eshkol, nel sud di Israele. E quattro sarebbero in gravi condizioni.
Fra i palestinesi si contano centinaia di morti fra cui tantissimi bambini.
I minorenni uccisi dall’inizio dell’escalation sono 61, secondo le autorità sanitarie palestinesi.
E ieri in un raid ha perso la vita Ayman Abu al-Aouf, coordinatore delle attività contro la diffusione del Covid.
“Gli israeliani non hanno lasciato in piedi neanche una pietra a Gaza. Hanno scatenato una guerra non contro Hamas, ma contro tutti i palestinesi. Loro non ci vogliono”, dice, ad Aki-Adnkronos International, Mohammed Majdalawi che vive nel campo profughi di Jabalya, nel nord della Striscia vicino Beit Hanoun.
“Israele bombarda 24 ore su 24, da nord a sud. Non c’è un luogo dove si può stare sicuri”, prosegue l’uomo, precisando che, anche nel campo di Jabalya, come nelle zone circostanti, ci sono state vittime.
“Israele – è la sua opinione – ha fatto una guerra senza un progetto, un motivo” ed il risultato è “la morte di gente normale come bambini e anziani“.
“Non mi piace l’ideologia dei Fratelli Musulmani, – assicura Mohammed Majdalawi. – Ma il problema ora è l’occupazione israeliana e tutti noi palestinesi siamo sulla stessa barca. Gli israeliani hanno scatenato la guerra a Gaza non contro Hamas, ma contro tutti i palestinesi“.
Oggi la polizia israeliana ha trasferito nel carcere di Ayalon, dove ora è detenuto in isolamento, il 62enne Marwan Barghouti, primo membro del Comitato centrale di al-Fatah e deputato, dopo che aveva diffuso un messaggio a sostegno dei palestinesi di Gaza contro Israele.
Il primo aprile Barghouti ha presentato una sua lista indipendente per candidarsi alle elezioni palestinesi fissate, inizialmente, per il 22 maggio, e poi annullate, e sfidare direttamente il presidente dell’Anp Mahmoud Abbas.
Barghouti sta scontando cinque condanne all’ergastolo e altri 40 anni di carcere con l’accusa di terrorismo per aver partecipato ad attacchi nella seconda Intifada. Guidava la fazione armata Tanzim ed è stato arrestato nel 2002, mentre la condanna è arrivata nel 2004.