La triste presa d’atto di Letta: non siamo connessi con i sentimenti del Paese. Ma da mo’…
Recuperare «lo scollamento di connessione sentimentale con il Paese», costruendo la «consapevolezza di una identità forte». Alla direzione nazionale del Pd anche Enrico Letta ha preso atto di quello che è chiaro a tutti: il partito è lontano dagli italiani, non li capisce, non ne coglie le esigenze. Del resto l’assemblea, a due mesi dall’insediamento del segretario, è arrivata in uno dei giorni più neri per i dem: quello in cui i sondaggi lo hanno sprofondato a quarto partito, dietro M5S terzo e FdI secondo, e la giustizia italiana ha decretato che Matteo Salvini non va processato per il caso Gregoretti.
Letta al Pd: «Va recuperata la connessione con il Paese»
Dalle parole del segretario, però, si capisce che Letta resta distante anni luce dalla soluzione del problema, sebbene lo abbia finalmente individuato. Al centro della riflessione c’è il tema delle amministrative, le prossime elezioni in agenda, e dei rapporti con il M5S. «Alle amministrative del 2016 – ha messo le mani avanti Letta – io non c’ero, quella sconfitta pesante a Roma, Torino, Napoli è stata l’inizio del nostro scollamento di connessione sentimentale con il Paese che ha portato alla rovinosa sconfitta del 2018. Dobbiamo recuperare la connessione sentimentale che passa dalle grandi città che abbiamo perso nel 2016 e questo – ha sottolineato il segretario – passa da un impegno con grande delicatezza e attenzione per rispettare tutti e trovare le soluzioni migliori».
I dem in cerca di identità
Per Letta «l’identità è il cuore della questione». «Qualunque cosa vogliamo fare in futuro – ha spiegato – parte dalla forza e dalla consapevolezza della nostra identità. Con una identità debole, qualunque alleanza ci fagociterà». Il segretario dem quindi ha chiarito che anche «la questione del M5s è intimamente collegata a questo. Se le nostre iniziative saranno coerenti con la nostra identità, siamo in grado di cambiare il quadro politico attorno a noi, quello delle alleanze, e anche il resto. Siamo in grado – ha sostenuto – di spingere i partiti sovranisti ad avere una atteggiamento più responsabile».
Letta non vuole farsi dettare l’agenda del Pd
E, ancora, «l’agenda dettiamocela noi, non facciamocela dettare da altri». «Siamo il Pd, l’unico grande partito italiano, che decide secondo metodi democratici, che ha un dibattito interno vivo, vivace, positivo», ha incalzato Letta davanti ai suoi. Proprio l’agenda, però, denuncia tutta l’impossibilità di Letta e del Pd di arrivare a una «identità» che ricostruisca la «connessione sentimentale» con il Paese. I temi prioritari elencati fin qui da Letta, infatti, sono: immigrazione; quote rosa; voto ai sedicenni; ddl Zan. E il punto non è nemmeno tanto quanto siano sentiti dagli italiani, ma come il Pd ha scelto di declinarli. Immigrazione: criminalizzando il ministro che aveva il più alto consenso sul tema e indossando (letteralmente) la maglia delle Ong. Quote rosa: con un dibattito stucchevole sulle poltrone, che ha portato per altro all’esplosione di faide interne tra correnti e prime donne. Voto ai sedicenni: urgentissimo.
E rilancia la sua: migranti, quote, ddl Zan…
E last but not least Ddl Zan: vedi voto ai sedicenni e quote rosa. Con la legge sull’omofobia il Pd è riuscito in un colpo solo a mettere in cima alle proprie priorità un tema distante dalle esigenze concrete del Paese, divisivo anche per la sinistra, rivelatore più che della sua velleità maggioritaria e inclusiva, della sua vocazione stalinista. Ma tant’è. «Noi siamo il partito che deve creare la connessione tra crescita economica e diritti. Ringrazio tutti i senatori e le senatrici intervenute. È stato il primo fatto al Senato, non sarà certo l’ultimo. Noi – ha rivendicato Letta davanti alla direzione Pd – siamo per approvazione ddl Zan, è il miglior punto di avanzamento nelle condizione date».