Montanari la spara grossa: per Meloni non vale la libertà di espressione, il suo partito è fascista
Tomaso Montanari sul Fatto si arrabbia perché il libro di Giorgia Meloni è stato pubblicato, vende copie, viene letto. Continua a spargere quotidianamente veleno Il Fatto quotidiano per un libro il cui successo è rimasto sullo stomaco ai travaglini. Stavolta – dopo lo sciocchezzaio di Selvaggia L. – è Tomaso Montanari ad esercitarsi nell’anatema. Coccolato da Lilli Gruber, ultimamente ritiene di doversi ergere a paladino di una censura universale utilizzando il solito fascismo come categoria anch’essa universale.
Montanari si rode il fegato per il libro di Giorgia Meloni
In sintesi, emerge in tutta evidenza che da giorni si rode il fegato perché si parla troppo del libro di Giorgia Meloni. E la prende alla lontana: a Castiglion Fiorentino hanno portato in discarica un libro di Leopoldo Boscherini, “Ebrei a Castiglion Fiorentino. Guerra, internamenti, deportazioni 1940-1944“. E’ stata la Biblioteca comunale a disfarsene, assieme a centinaia di altri titoli.
Montanari: i fascisti bruciavano i libri, quindi…
Sull’episodio ancora si deve fare chiarezza ma Montanari ha già emesso il suo verdetto: chi distrugge libri è fascista. Quindi è da ascrivere al male fascista la distruzione di titoli così determinanti per la ricerca storiografica mondiale. “Non ci sarebbe da stupirsi – continua il nostro – i roghi di libri sono stati sempre praticati con entusiasmo dai fascisti italiani”. Si rammenti – cita Montanari – per non citare che un solo esempio clamoroso, quello dei volumi del fiorentino Circolo di Cultura di Piero Calamandrei, Nello Rosselli, Gaetano Salvemini, avvenuto il 31 dicembre 1924.
Anche nella Russia comunista furono bruciati migliaia di libri
Ma Montanari non ricorda che nella Russia comunista i libri finivano al rogo e all’indice, e che un’occhiuta censura vigilava sull’ortodossia bolscevica. Qualche dato, tratto da un articolo di Adriano dell’Asta su Avvenire a proposito del bibliocidio in Unione sovietica: “Nel Paese che aveva inventato la pianificazione anche decidere cosa eliminare non poteva essere lasciato al caso; a questo scopo venivano regolarmente compilate delle liste nere, nel 1929 ce n’è una con duemila titoli, nel 1931 sono tremila, nel 1938 si arriva a cinquemila, di circa 1600 autori per circa dieci milioni di esemplari, nel 1948 abbiamo seimila titoli. Nel solo mese di luglio del 1935 e nella sola Leningrado abbiamo notizia di oltre 20.000 libri bruciati. Secondo dati ufficiali, nel 1938-1939 vennero distrutti 16.453 titoli per più di 24 milioni di esemplari mentre nel 1940 vennero distrutte tutte le opere (senza esclusione alcuna) di 362 autori e ritirati dalla circolazione circa 3.700 titoli”.
Per non parlare di quelli andati al rogo per ordine di Mao
Ma il caro Montanari evidentemente non ne sa nulla, così come non sa che la rivoluzione maoista in Cina non si limitò al rogo dei libri ma portò avanti quella che Eric Hobsbawm definì una “oscena campagna contro la cultura, l’istruzione, l’intelligenza”, portando in corteo i docenti con le orecchie d’asino e la scritta “sono un nemico del popolo”.
Montanari: doveroso non vendere il libro della Meloni
Si dirà, ma cosa c’entra la Meloni? E’ presto detto. Come osa Fratelli d’Italia lamentarsi perché una libraia romana si rifiuta di vendere il suo libro? Trattasi di una consapevole cittadina, secondo Montanari, “conscia dell’esistenza di una Costituzione antifascista”. Quindi il nostro ci vuole dire che non bisognava proprio pubblicarlo il libro della Meloni, e sempre perché in esso si anniderebbe l’apologia di fascismo. Ovviamente non è vero ma siccome lui e una minoranza di esaltati come la libraia di Roma lo pensano, allora diventa vero. Fratelli d’Italia infatti, argomenta Montanari, pullula di nostalgici del fascismo e financo del nazismo. “Come per fortuna non si stanca di ricordarci Paolo Berizzi (unico giornalista europeo ad essere sotto scorta per le minacce dei neofascisti) – scrive Montanari – FdI, e quindi la stessa presidente Giorgia Meloni, faticano a prendere le distanze dalla destra neofascista, quella che discrimina, odia, scende in piazza con i saluti romani e inneggia addirittura a ufficiali nazisti”.
Perché “per i fascisti la libertà di espressione non vale”
Quindi si arriva allo scoppiettante finale: “Sembriamo aver dimenticato che per i fascisti – e solo per i fascisti – non valgono tutte le garanzie costituzionali: per esempio, non valgono la libertà di associazione e di espressione. Rifiutarsi di vendere un libro della leader di un partito così compromesso col fascismo non solo è lecito, ma encomiabile e ormai necessario”. Puro delirio e gravissimo incitamento all’odio. Intanto il libro di Giorgia Meloni è il più venduto su Amazon. Il terzo su Ibs. Montanari si rassegni.