Non bastava Fedez. A Milano il rapper Gemitaiz insulta i poliziotti: “Fate schifo, avete paura”
“Quando a manifestare in strada ci sono duemila ragazzi e ragazze, che magari cercano di far valere i propri diritti, ci vuole poco a scendere con i manganelli, i lacrimogeni, a sfollarli, a pestarli di botte, vero? Coi tifosi no?”. A parlare, stavolta, non è il rapper Fedez ma il rapper Gemitaiz, evidentemente in cerca di gloria sui giornali e sui social avendo capito che a spararle grosse ci si fa una grande pubblicità. In questo caso, Gemitaiz ce l’ha con i poliziotti, colpevole, a suo dire, di non essere intervenuti a sgomberare gli assembramenti in piazza Duomo per la festa dello scudetto conquistato dall’Inter. La polizia, però, non l’ha presa bene e ha denunciato il cantante, già passato agli onori (si fa per dire) delle cronache per aver augurato la morte a Salvini.
Il rapper Gemitaiz e le offese ai poliziotti
Il rapper romano, 32 anni, ha scelto le storie del suo canale Instagram per diffondere odio sulla polizia, in merito al raduno dei tifosi interisti davanti al Duomo, accusando le forze dell’ordine di non essere intervenute per “paura” durante il raduno dei tifosi dell’Inter. “Gemitaiz ha perso una buona occasione per stare zitto.
“Quando trovate trenta mila tifosi di calcio c’avete paura eh. Vi ca*ate sotto anda’ lì coi manganelli e i lacrimogeni? Perché vi pistano di botte, perché sono quattro volte il numero vostro e sono pure incazzati neri più di voi”, aveva scritto Gemitaiz.
“Gli uomini e le donne delle forze dell’ordine operano per il rispetto della legalità. Evidentemente rispetto e legalità sono due concetti che non fanno parte del patrimonio culturale di Gemitaiz. Lo denuncerò”, dice all’Adnkronos Stefano Paoloni, segretario generale del Sap. “Il momento è certamente difficile e purtroppo spesso siamo chiamati ad intervenire in situazioni complesse che la politica non ha avuto la capacità di gestire – continua – ma questo non dà il diritto a nessuno di offende chi sta svolgendo semplicemente il proprio dovere”.
Quel linguaggio che incita all’odio verso lo Stato
“Il linguaggio scioccante di questo personaggio che si atteggia a rapper è l’emblema di come, oggi, l’invito alla violenza sia letto in modo diverso a seconda di chi ne è l’obiettivo. Le espressioni discriminatorie, infatti, vengono tollerate, quando non addirittura giustificate, se dirette a un politico o a un appartenente alle Forze di Polizia, mentre viene giudicato inaccettabile, con tanto di levate di scudi, se indirizzato ad altri soggetti”, è il commento di Domenico Pianese, segretario generale del Coisp. “Persone del genere, che avvelenano quotidianamente il contesto sociale, non possono e non devono trovare eco sui social media, attraverso i quali vengono influenzati i giovani in senso totalmente diseducativo. Ecco perché questi sedicenti artisti dovrebbero essere bloccati sia sul web e sia dall’autorità giudiziaria – incalza il sindacalista – che non può consentire un linguaggio d’odio, inneggiante in alcuni casi addirittura all’assassinio dell’avversario politico o di chi indossa un’uniforme che rappresenta lo Stato”.
“Non vogliamo perdere tempo più del dovuto a commentare le parole del rapper Gemitaiz che, in quello che sembra un banale delirio per procacciarsi qualche like, ha avuto questa trovata non particolarmente originale. Più di qualche altro ‘esperto’ di politiche della sicurezza interna, prima di lui, si è già esibito in trattati di valutazione dell’operato delle Forze dell’ordine senza avere la benché minima idea di cosa possa trattarsi”, afferma Valter Mazzetti, segretario generale Fsp Polizia.
Tanto interesse sulla Zan, nessuno per una legge in difesa della polizia
“Il tutto -osserva- mentre noi assistiamo attoniti ai ‘processi sociologici’ dove una parte ci accusa di essere dei vili torturatori, violenti e prepotenti, e l’altra dell’esatto contrario, di essere vili codardi che si girano dall’altra parte e si fanno picchiare. Di certo, però, non ci abitueremo mai alla virulenza degli attacchi che da una parte e dall’altra, indiscriminatamente, subisce chi veste l’uniforme. Tanto che in questo momento storico in cui tanta attenzione è dedicata al Ddl Zan, vorremmo che fra le sue giuste previsioni ce ne fosse anche una diretta a ‘punire chi istiga a commettere o commette atti di discriminazione o violenza per motivi fondati sulla particolare tipologia di lavoro svolto dalla vittima'”. “Quello delle forze dell’ordine – ricorda Mazzetti – è un lavoro che si contraddistingue proprio per la sua specificità, concetto che non include certamente la denigrazione, la critica violenta, l’offesa gratuita, l’aggressione verbale e fisica continua, per il solo fatto di indossare una divisa. E non è certo più tollerabile ascoltare una frase palesemente discriminatoria tipo ‘poliziotti di m… ‘”.