Per chi suona la campana del Quirinale? Il “no” di Mattarella al bis allarma il Pd. Ecco perché
Per chi suona la campana? Meglio: a chi ha parlato, attraverso gli scolari che lo festeggiavano al Quirinale, il presidente Mattarella? Difficile stabilirlo con certezza. Di sicuro c’è che quel tirarsi fuori dal toto-nomi in vista della scadenza di gennaio 2022 è un po’ un messaggio infilato in una bottiglia e affidato alle correnti del mare. E proprio come ogni vero Sos, a motivarlo ci sono la piena consapevolezza del pericolo e la speranza di superarlo. Ma a chi è rivolto? All’attuale maggioranza, al Pd che sette anni or sono – Renzi consule – ne determinò l’elezione o a Mario Draghi? Probabilmente a tutti. Perché la partita del Quirinale è ormai un gioco di incastri e di sovrapposizioni. A cominciare dalla connessione tra il destino del governo Draghi e la decisione di Mattarella rispetto ad un eventuale bis.
Mattarella e Draghi destini incrociati
Inutile girarci intorno. Almeno per ora e stante l’attuale condizione di incomunicabilità tra le forze politiche della cosiddetta unità nazionale sono quelli dell’attuale premier del presidente in carica gli unici nomi in lizza per il Quirinale. Il che non è proprio senza conseguenze. Infatti, se il “no” al bis da parte di Mattarella si rivelerà insuperabile, toccherà a Draghi succedergli. Per farlo, però, dovrà lasciare Palazzo Chigi e firmare come primo atto del proprio settennato lo scioglimento delle Camere, ritrovandosi nel giro di pochi mesi un Parlamento non solo meno affollato per effetto del drastico taglio delle poltrone, ma con ogni probabilità anche politicamente diverso da quello che lo ha eletto.
La paura della vittoria del centrodestra
Mattarella lo sa. Come sa che la maggioranza che uscirà dalle urne della primavera del 2022, stando almeno ai sondaggi, avrà il segno del centrodestra. Inquadrato da questa visuale, l’annunciato “no” al bis è come una scarica elettrica per scuotere il Pd, partito-perno della sinistra, ma anche partito da cui lo stesso capo dello Stato proviene. Un modo per riportare Letta coi piedi per terra ricordandogli che lui non è il dominus dell’unità nazionale né il king maker del prossimo inquilino del Quirinale. Insomma, o ritorna a tessere la tela politica o non sarà certo Mattarella a scottarsi le dita per togliergli le castagne (leggi centrodestra al governo) dal fuoco.