Recovery, Tremonti “asfalta” il governo: «Un piano quinquennale che sembra scritto da Stalin»
Tanto per cominciare, il primo a proporre gli Eurobond fu lui nel 2003. Per riproporli sette anni dopo assieme a Jean-Claude Junker, allora alla guida dell’Eurogruppo, con un articolo apparso sul Financial Times sotto un titolo più che rassicurante: «Gli Eurobond metteranno fine alla crisi». Inoltre, ha dedicato all’Europa più di un libro con annesso successo di pubblico e di critica. Morale: se c’è uno che ha le carte in regola per fare le pulci al Recovery Plan è Giulio Tremonti, il ministro che più di ogni altro ha caratterizzato tutti e quattro i governi Berlusconi. Sotto questo aspetto, la sua intervista alla Verità è una sorta di risalita controcorrente rispetto alla generale euforia che tracima dalla vulgata ufficiale sui miliardi promessi dal Recovery.
Tremonti: «È tutto debito nostro»
A cominciare dalla puntualizzazione che si tratta di denaro «a debito» accompagnato ad «una ipertrofica estensione degli obiettivi». E tutto per una crescita dell’1,4 per cento. Una stesura che, più che il «vaste programme» sui quali ironizzava De Gaulle, a Tremonti ricorda un «piano quinquennale copyright Stalin», con tanta retorica in più. Quale? «Il governo al centro di tutto» e un Parlamento svuotato «delle sue prerogative» in favore di «organi tecnocratici al centro». In realtà, andava fatto il percorso inverso: «Prima il consenso del Paese e solo dopo quello dell’Europa». Un piano, soprattutto, scritto perché nessuno possa capirlo. E qui il Professore sgrana il rosario degli anglicismi di cui ormai sovrabbonda la nostra produzione legislativa.
«Norme complicate? Un’astuzia»
Il Recovery, ovviamente, non fa eccezione: «Empowerment, once-only, cloud first, flagship, big-data, soft-skill, stakeholder, backhand, benchmarking, out-come-based, performance, target, partnership, Learning communities, track-record». Complicare per scelta. Una tecnica che riguarda anche i cosiddetti ristori. «Hanno un vizio genetico – sottolinea Tremonti -: sono norme complicate». Nel senso, spiega, che «aggiungono incertezza a quella che c’è già». Ma, avverte, «più che un difetto potrebbe essere un’astuzia» finalizzata a «non far funzionare quelle norme». Infine, una stoccata alla ministra Cartabia che di recente ha dichiarato che «senza riforma della giustizia non avremo i soldi del Recovery fund». «Non può dirlo – obietta Tremonti -. Primo perché è debito nostro e poi perché sono dichiarazioni che inducono a odiare l’Europa». In cui, conclude, a comandare è «l’asse franco-tedesco».