“Virus cinese nato in laboratorio”: ora i media Usa citano Trump. E Fb non censura più i post complottisti
L’annuncio di Joe Biden della nuova inchiesta dell’intelligence sull’origine del virus cinese segnala “una nuova più ampia fase dell’indagine da parte degli Stati Uniti”. E’ quanto sottolineano fonti dell’amministrazione al Washington Post ricordando come la decisione del presidente sia stata annunciata il giorno dopo che la Cina si è rifiutata pubblicamente di collaborare con una nuova inchiesta dell’Oms.
Le fonti spiegano poi che l’inchiesta si concentrerà sui tutte le informazioni sulle attività dell’Istituto di virologia di Wuhan in possesso di dipartimenti, centri di ricerca e laboratori federali. E anche l’organizzazione nonprofit EcoHealth Alliance, che è stata il tramite con cui sono arrivati fondi Usa al laboratorio cinese.
Il presidente Biden dà ragione a Trump
L’azione di Biden è arrivata in uno scenario politico che è rapidamente mutato nei confronti dell’ipotesi dell’origine del virus in un laboratorio cinese. Ipotesi per mesi ritenuta una tesi complottista ad uso e consumo dell’ala più estrema e trumpiana del partito.
Tanto che i senatori democratici due giorni fa hanno votato la mozione dell’ultra trumpiano Josh Hawley. Hanno infatti chiesto all’amministrazione di declassificare il materiale di intelligence relativo all’ipotesi del laboratorio entro 90 giorni. In pratica, lo stesso periodo indicato da Biden per la nuova inchiesta.
Dall’amministrazione, comunque, mettono le mani avanti, sottolineando che si è all’inizio di un processo che potrebbe essere ancora lungo. “Non stiamo dicendo che in 90 giorni potremo avere una risposta. Ma che potremo avere un aggiornamento e così vedere in che direzione andare” affermano le fonti. Ribadiscono poi l’impegno a “raddoppiare gli sforzi ed essere trasparenti”.
Virus cinese? Ora si può scrivere anche su Facebook
In questi giorni, anche Facebook ha dato un segnale clamoroso. Ha infatti tolto il divieto di pubblicare post in cui si dice che il coronavirus è nato in laboratorio. Il divieto era stato introdotto lo scorso febbraio con l’obiettivo di limitare la diffusione di affermazioni false e già smentite dagli esperti sul coronavirus e sui vaccini, ma è stato eliminato «alla luce delle indagini in corso sull’origine della COVID-19 e dopo aver consultato esperti di sanità pubblica». Un rapporto dell’intelligence statunitense sull’origine del coronavirus ha riaperto le ipotesi. Il rapporto raccontava che nel novembre del 2019 tre ricercatori dell’Istituto di virologia di Wuhan, in Cina, ricevettero cure mediche in ospedale dopo avere sviluppato «sintomi compatibili sia con la COVID-19 sia con la comune influenza stagionale».
Anche il virologo Anthony Fauci ha detto ora, quello che Trump diceva da mesi (evidentemente sui dati forniti dall’intelligence). E cioè che il Covid può essere nato in laboratorio.
Facebook ha comunque detto che continuerà a lavorare con gli esperti per aggiornare i suoi regolamenti sulla base dell’evoluzione della pandemia e delle nuove prove che emergeranno.